Con il 4 maggio è stata avviata anche in Piemonte e qui a Torino la "fase 2", cioè di uscita dall'emergenza più acuta dell'epidemia Covid-19, che viene indicata da autorità pubbliche, mezzi di informazione, poteri economici come quella che ci permetterà, se avremo tanta cautela e tanta pazienza, di tornare prima o poi alla normalità, a quello che facevamo prima. A fare, insomma, ciò che provocando la diffusione del virus fino a dove non avrebbe mai potuto arrivare da solo, ha contribuito finora a far morire di malattia centinaia di migliaia di persone e messo in crisi tutto il mondo industrializzato e non solo. Quello che ci viene prospettato al termine della 'fase 2' e di quante altre chissà ancora (e che probabilmente in molti desideriamo, dopo settimane e settimane di privazione di libertà) è proprio ricominciare a vivere per e nel sistema mondiale globalizzato di produzione e consumo forsennati degli ultimi decenni: sistema che ha dato a molti l'illusione di vivere bene o di poterlo fare, ma ha nel contempo condannato i piu' deboli alla sofferenza o o soccombere del tutto. Le sofferenze causate invece dal contagio, oltre alle già moltissime persone ammalate hanno colpito anche le molte di piu' ancora che, per via della improvvisa crisi economica, sono rimaste senza lavoro stabile o altri mezzi di sussistenza precari, senza un casa o posto in cui ripararsi, oppure magari senza assistenza di fronte ad altre malattie o alle non autosufficienze. Questa condizione di sofferenza sociale e sanitaria è destinata ad accentuarsi e allargarsi ancora di piu' se si riaprono le attività, come sta capitando, per tornare quanto prima al modello economico, sociale e di vita che ha prodotto l'epidemia: eppure, nonostante ciò, la prospettiva proposta con la 'fase 2' è proprio quella di tornare, con cautela e calma, a vivere nella "normalità" di prima, come se non fosse proprio stata quella normalità invece la causa di tutti i problemi. L'insistere da parte di mezzi di informazione, responsabili politici e detentori del potere economico-industriale nel voler convincere le persone a tornare alla condizione di tranquillità del "tutto come prima", nel farle concentrare su cosa adesso devono fare per poi, alla fine di tutto, tornare nel prima del Coronavirus, è anche il tentativo di nascondere e fare dimenticare quali e di chi sono le responsabilità, globali ma anche locali, economiche e politiche, di tutto quello che e' successo e sta succedendo. Ma queste responsabilità vanno invece ricercate e anche subito, perchè non si può consentire che gli errori gia' fatti continuino a causare danni e sofferenze enormi.
Per questo motivo la pessima gestione della crisi sanitaria da parte dell'Amministrazione regionale, sulla quale il Comune di Torino e la sua Sindaca si sono guardati bene di intervenire nonostante proprio Torino sia la città che maggiormente ne sta sopportando le conseguenze, ha spinto gruppi di cittadine e cittadini a lanciare la proposta di una petizione per chiedere al Governo il commissariamento della Regione Piemonte. Per i seguenti motivi:
* i preavvisi e gli avvisi ufficiali di epidemia arrivati prima che si manifestassero i primi casi non hanno fatto scattare le misure di prevenzione necessarie e tutto si è quindi scaricato sugli ospedali, che ne sono stati travolti. La pigrizia intellettuale e l’abitudine aborriscono i messaggi che li disturbano.
* la gestione aziendalistica - e non come servizio pubblico - della sanità da parte della Regione ha considerato come costi antieconomici e quindi da comprimere al massimo quelli che sono invece fattori indispensabili alla produzione della sicurezza sanitaria collettiva. In conseguenza di ciò si sono verificati:
- la drastica riduzione dei medici, infermieri, tecnici e operatori sanitari e il numero chiuso alla Facoltà di Medicina (450 nel 2019 più 70 in lingua inglese)
- la chiusura di ospedali e di presidi sanitari di base per concentrare saperi e risorse nella Città della Salute
- il taglio dei posti letto di terapia intensiva, al di sotto della media europea, a cui ha supplito "l'opera buona" delle Fondazioni bancaarie
- la gestione “just in time”, senza la prudente creazione di scorte di magazzino, dei Dispositivi di Prevenzione Individuali (mascherine, guanti, grembiuli, camici e calzature per la protezione del personale) e degli strumenti necessari per i test, dei tamponi, degli apparecchi respiratori
- la cancellazione delle mail di segnalazione inviate dai medici di base circa i pazienti in quarantena domiciliare, lasciati quindi senza assistenza alcuna
- lo scandalo delle RSA, quasi totalmente esternalizzate ai privati e con tariffe alte anche nelle poche pubbliche (in media 3000 euro/mese), con nessuna capacità di
controllo da parte del Servizio Sanitario, nazionale e regionale, che paga e tace, lasciando inoltre ben 30.000 anziani in lista d'attesa nella sola provincia di Torino. In questa situazione si innestata poi la scelta, irresponsabile e criminale che ha comportato un numero altissimo di vittime, di collocare i malati Covid in queste strutture.
- solamente due USCAS - Unità Sanitarie di Continuità Assistenziale, dedicate all'assistenza domiciliare dei malati di Covid - messe in funzione sulle 20 previste nella sola Torino
- nessuna attivazione dello screening di massa per individuare e curare tempestivamente le persone contagiate e isolare i focolai di contagio (come ha fatto in buona parte il Veneto e in pieno la Corea del Sud). Posto che il tampone pare essere al momento l’unico strumento diagnostico in grado di fornire l’informazione relativa alla infettività dei soggetti, seppur con la scarsa affidabilità del 25-30% di falsi negativi, è fondamentale aumentare la capacità di fare uno screening più ampio possibile per individuare i portatori d’infezione seppur asintomatici.
In relazione alle azioni ancora da mettere in campo contro l'espansione del contagio, esprimiamo la necessità che le autorità sanitarie diano indicazione di procedere prioritariamente alla diagnosi, alla tutela degli operatori e alla verifica dell’efficacia delle terapie, dedicando il resto della capacità allo screening generale della diffusione del virus. Il test sierologico rapido di cui si parla indica la presenza nel sangue di una proteina che attesta che si è entrati in contatto con il virus, ma non può testare se si è infettivi o meno e neppure se si è immuni. A questo proposito pare che non vi sia comunque alcuna certezza di immunità e che quindi le possibilità di ricaduta siano reali, per cui la ricerca degli anticorpi veri e propri sarebbe comunque un accertamento che non dà indicazioni sulla infettività.
La condizione di inefficienza e inefficacia sulla cui base viene richiesto il commissariamento della Regione Piemonte si manifesta oltretutto in un contesto in cui anche un comunicato stampa dell'Ordine dei Farmacisti viene trascurato (un tempo si sarebbe più' correttamente detto censurato) dai media.
Ma lo scandaloso utilizzo a senso unico dei mezzi di informazione, fino alle minacce a chi non si allinea (v. denuncia a Report) è solo uno degli elementi dello scenario complessivo di gestione della sanità in generale: altrettanto se non più scandalosa è la mercificazione della ricerca e della conoscenza attraverso i brevetti
dei medicinali, inaudita fonte di trasferimento di enormi risorse verso realtà industriali e aziendali monopolistiche.
Commissariare la Regione Piemonte quindi per perseguire le responsabilità e soprattutto per cambiare rotta e gestire la Fase 2 della sanità piemontese non più con i criteri mercantili dei costi-benefici, ma ripristinando il Servizio sanitario pubblico con fini di prevenzione e cura, con la riapertura degli ambulatori di quartiere e degli ospedali di territorio e con il concorso della rete delle farmacie. E per effettuare inoltre con urgenza:
- screening di massa finalizzati a scoprire i potenziali contagi, filtrare gli ammalati secondo la gravità, individuare e isolare i focolai.
- disponibilità di mascherine efficaci per tutti, a prezzo controllato,
- chiara indicazione di chi controllerà – e con quali poteri - il rispetto delle regole nei luoghi di lavoro e per recarsi al lavoro.
Nessun commento:
Posta un commento