LETTERA APERTA ALLA CORTE DEI
CONTI DEL PIEMONTE
DERIVATI DELLA CITTÀ DI TORINO: DAVVERO VA TUTTO BENE?
Sono tantissimi i
Comuni italiani che hanno perso e stanno perdendo enormi quantità
di denaro pubblico a causa dei derivati. Il fenomeno ha provocato
anche l’esplosione di un contenzioso giudiziario di fronte a tutti
i tipi di tribunali (civile, penale, amministrativo) e a diverse
giurisdizioni (italiana e inglese), e ha indotto il legislatore a
vietare, dal 2009, la sottoscrizione, da parte degli EELL, di questi
rischiosi strumenti finanziari (è ammesso solo il c.d. cap).
Per i derivati ogni
anno la nostra città subisce pesanti perdite (quest’anno
spenderemo circa 16 milioni euro). Dal 2002 al 2017, per i derivati,
il Comune di Torino ha bruciato più di 90 milioni di euro.
Sottraendo risorse ai servizi fondamentali per la vita di tutti
(casa, sostegno al reddito, sostegno a persone in difficoltà,
accoglienza a chi scappa da guerre e povertà, edilizia scolastica,
servizi educativi, politiche ambientali, trasporti pubblici,
incremento del personale dipendente che gestisce i servizi comunali,
gestione del patrimonio comune, ecc.). Perciò abbiamo cercato di approfondire cosa fosse contenuto
realmente in questi contratti e abbiamo scoperto le stesse
criticità rilevate nei derivati di molti altri Comuni (come ha
denunciato anche l’ANCI): in alcuni derivati ci sono condizioni
contrattuali sbilanciate a sfavore del Comune.
Qualche esempio:
- alcuni derivati torinesi contengono clausole di chiusura anticipata unilaterali, che consentono alla Banca, ma non anche al Comune, di poter recedere qualora si verificasse un peggioramento del merito creditizio di quest’ultimo
- in alcuni casi il Comune ha accettato tassi molto più elevati di quelli che pagava sulla posizione debitoria
- le soglie cap e flor in alcuni derivati torinesi sono molto elevate, creando condizioni sbilanciate a favore delle banche: l’opzione di garanzia venduta al Comune è legata ad andamenti dei tassi che, in base ai dati storici, hanno una probabilità molto più bassa di verificarsi, rispetto a quelli a cui sono legate le garanzie vendute alla Banca. Cioè il rischio che si assume il Comune è molto maggiore di quello che si assume la banca. Inoltre riscontriamo l’assenza di soglie nei casi in cui è la banca a pagare un tasso variabile, cosa che ha impedito al Comune di avvantaggiarsi del forte e prolungato calo dei tassi d’interesse, che invece ha fatto guadagnare parecchio le banche.
- L’Istituto Bancario è consulente e allo stesso tempo controparte, in evidente conflitto d’interessi. I derivati sono strumenti complessi: per comprendere realmente l’opportunità, la convenienza e i rischi dell’operazione sono necessarie competenze tecniche di elevato livello. Le banche sono esperte, in genere gli Enti Pubblici non lo sono. Non crediamo sia questo il caso del Comune di Torino che ha avuto ed ha Assessori al bilancio e alle finanze sicuramente non sprovveduti in materia e in grado di avvalersi anche della Corte dei Conti stesa - e non di consulenti privati – per comprendere e valutare al meglio la convenienza economica dei derivati sottoscritti, cioè la loro effettiva efficacia nel realizzare la finalità annunciata, quella di ridurre l’esposizione al rischio di mercato legata a mutui o emissioni obbligazionarie in cui il Comune è debitore.
- I contratti sono scritti in lingua Inglese, non sono tradotti in lingua italiana e il Foro competente è quasi sempre a Londra
- Ad aggravare il tutto c’è la questione della manipolazione dell’Euribor: dal 2005 al 2008 alcuni grandi banche (Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland, Société Générale, JP Morgan, Crédit Agricole, HSBC) hanno realizzato un’intesa volta a distorcere e manipolare il procedimento di fissazione dell’Euribor. La Commissione Europea (caso AT 39914), con pronunce del 4/12/2013 e del 7/12/2016, ha accertato la condotta illecita di quelle banche, irrogando nei loro confronti sanzioni per circa 1,5 miliardi di euro e dichiarando l’Euribor illegittimo per quanto riguarda quegli anni. Le pronunce sono state pubblicate alla fine del 2016, ma il Comune non si è mai attivato per capire se esistono le condizioni per chiedere alle banche la restituzione di tutti gli interessi indebitamente pagati in quegli anni, né la Corte dei Conti ha segnalato qualcosa. Perché? Solo di recente l’assessore Rolando ha dichiarato che il Comune non si attiverà, perché sarebbero coinvolti solo i contratti di RBS (che hanno segno positivo). Segnaliamo però che, stando a quanto sostenuto da diverse fonti, il tasso è comunque illegittimo, a prescindere dalla banca con cui un contratto è stato stipulato.
- Il Comune ha deciso circa la sottoscrizione dei derivati di solito attraverso delibera di Giunta. Ma la competenza sarebbe spettata al Consiglio Comunale, visto che tali contratti comportano costi che impegnano il bilancio degli esercizi successivi (art. 42 Testo Unico degli Enti Locali).
- Riguardo al contratto per cui è stato stipulato un mirror, perché non ci si è mai attivati, agendo in giudizio per chiedere la nullità? In quel derivato le condizioni contrattuali erano tali per cui il Comune sarebbe stato sempre in perdita, durante tutta la durata del contratto, a prescindere dall’andamento dei tassi di mercato. È normale che un istituto di credito (Unicredit) proponga un prodotto del genere? È normale che un Comune accetti quelle condizioni? Peraltro su un capitale nozionale di quasi 300 milioni di euro … È normale che, per annullare gli effetti di quel contratto, due anni dopo sia stato stipulato un altro derivato (mirror, cioè uguale e speculare), con un’altra banca (JP Morgan Chase)? E perché JP Morgan accettò di stipulare un contratto sempre in perdita per sé stessa, e per somme così elevate? In cambio di cosa? Non si è così conferito a JP Morgan un enorme potere di condizionamento?
Quindi non solo Il Comune
ha scommesso su previsioni che poi si sono rivelate errate, ma
anche la struttura dei contratti, in alcuni di essi sbilanciata a
favore delle banche, ha contribuito al fallimento per il
Comune di queste operazioni, così anziché ridurre l’esposizione
al rischio legato alle variazioni dei tassi di mercato relativo a
mutui ed emissioni di Boc, il Comune si trova a dover pagare sia gli
interessi su mutui e Boc sia gli interessi sui derivati.
Se si guarda bene, peraltro, gli aspetti da noi
evidenziati coincidono con quelle segnalati, in molti documenti,
dalla Corte dei Conti relativamente ai derivati degli EELL;
l’ultima in ordine di tempo è la Relazione della Corte dei Conti
nell’ambito dell’Indagine conoscitiva del 2015 della VI
commissione parlamentare sui derivati.
A fronte delle suddette condizioni irragionevoli
contenute in alcuni derivati torinesi, sarebbe risultato e
risulterebbe fondamentale l’intervento
della Corte dei Conti, di vigilanza sulla legittimità delle
operazioni e sulla corretta gestione delle risorse pubbliche locali,
segnalando al Comune le azioni necessarie per difendere queste
ultime. Ciò è stato fatto da altre sezioni regionali della
Corte, ad esempio quella ligure (che, nelle pronunce rese
nell’adunanza del 22 settembre 2017, ha fatto emergere tutti i
dubbi sulla finalità di “copertura” e le molte altre criticità
dei derivati sottoscritti dalla Città Metropolitana di Genova e del
Comune di Genova).
È necessario difendere
le risorse pubbliche dalla “finanziarizzazione” che si è
realizzata spesso in maniera illegittima attraverso i derivati, i
quali peraltro impoveriscono i cittadini non solo a livello
comunale: solo l’anno scorso lo Stato ha perso per
questi strumenti 5,5 miliardi euro (con perdite previste per il
futuro pari 31,5 miliardi euro), la Regione Piemonte ha visto
scomparire 60 milioni euro e la Città Metropolitana di Torino più
di 9 milioni di euro.
Torino, 18 giugno 2018
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