giovedì 30 luglio 2020

SANITA', PRESENTIAMO IL CONTO - Cap. 3 La sanità in Italia prima del Covid

LA SALUTE COME DIRITTO FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATO

(al fondo dell'articolo il video  "La sanità in Italia prima del Covid")



COME SI FINANZIA IL SSN
Il fabbisogno sanitario nazionale è determinato dallo Stato, in coerenza con il quadro economico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede di Unione europea, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. Il fabbisogno viene poi ripartito tra le Regioni in base ai i valori di costo rilevati nelle Regioni benchmark. Le Regioni impongono quindi a loro volta dei budget da rispettare alle singole aziende sanitarie.
Il fabbisogno sanitario nazionale standard è finanziato da: entrate proprie della regione (tickets), gettito di imposte regionali (IRAP e addizionale IRPEF)  e Stato (compartecipazione all'IVA, accise e FSN).


CORROSIONE DELL’ARTICOLO 32 
 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il primo comma dell’articolo 32 della Costituzione, dal 1948, protegge la salute come ambito inviolabile della dignità umana e sancisce che nel nostro paese il sistema sanitario deve fondarsi sui principi di universalità, solidarietà ed equità. La Legge n 833 del 1978 istituì il Servizio Sanitario Nazionale nel solco del dettato costituzionale (assistenza pubblica, illimitata e incondizionata).

Presto questo sistema cominciò ad essere corroso.


AZIENDALIZZAZIONE DELLA SANITÀ 
Il Decreto Legislativo n 502 del 1992, trasforma le USL in Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere e, per far fronte alle difficoltà finanziarie del sistema, introduce una concezione di sistema sanitario per cui la spesa deve essere proporzionata alla effettiva realizzazione delle entrate e non può più essere commisurata esclusivamente all’entità dei bisogni. Il D.Lgs. n. 229/1999 accentuò la connotazione aziendalistica delle aziende sanitarie (autonomia imprenditoriale, attività orientata a criteri di efficacia, efficienza ed economicità). Elementi competitivi e mercantilistici entrano nella gestione della sanità.


DEFINANZIAMENTO

Negli anni, nell’ambito dell’obiettivo di efficienza e uso razionale delle risorse, il contenimento della spesa comincia a diventare elemento preponderante.
Nel periodo 2001-2018 la spesa sanitaria ha subìto una progressiva riduzione: a fronte di un tasso di crescita medio annuo del 6,4% nel quadriennio 2003-2006, il tasso di crescita del quinquennio successivo scende all’1,8%. Tale andamento si è ulteriormente consolidato nel periodo 2012-2018, dove la spesa sanitaria registra un tasso di variazione medio annuo pari allo 0,4% (Istat, “Conto economico consolidato della protezione sociale per il settore di intervento della sanità e per il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche", aprile 2019).


DOPO LA CRISI DEL 2008 LA SANITÀ È TRA I PRINCIPALI BERSAGLI DELLE POLITICHE DI AUSTERITÀ
Già negli anni 2000 furono previste sanzioni sui deficit di bilancio e forme di controllo della crescita della spesa. Poi, con la crisi del 2008, la spesa per la sicurezza sociale e in particolare quella sanitaria, furono il principale bersaglio delle politiche di austerità.


Il definanziamento della sanità pubblica è proseguito anche negli anni più recenti, diventando una costante. Nel periodo 2010-2019, il finanziamento pubblico è aumentato complessivamente di € 8,8 miliardi, crescendo in media dello 0,9% annuo in termini nominali, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari a 1,07%, quindi un incremento che nell’ultimo decennio non è stato neppure sufficiente a mantenere il potere di acquisto (“4° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, 2019”. Su dati Istat, “Il sistema dei conti della sanità per l’Italia”).


NONOSTANTE  LE DIMENSIONI CONTENUTE DELLA SPESA SANITARIA 
Tutto ciò nonostante la spesa sanitaria presentasse dimensioni contenute (in rapporto al Pil e in valore assoluto): la spesa sanitaria italiana era tra le più basse in Europa già negli anni Novanta. 


TRA IL 2010 E IL 2019 SOTTRATTI AL SSN € 37 MILIARDI
Nel periodo 2010-2019 sono stati così sottratti al SSN circa € 37 miliardi (“4° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, 2019”).
La contrazione delle risorse ha favorito solo in minima parte miglioramenti dell’efficienza e una più efficace riorganizzazione dell’offerta (Ufficio Parlamentare di Bilancio, Lo stato della sanità in Italia, dicembre 2019).


TAGLIARE LA SANITÀ È PIÙ FACILE 
Lo Stato riesce con facilità a toccare la spesa sanitaria perché la riduzione di risorse non viene percepita immediatamente dall’opinione pubblica come invece avviene per altri capitoli di spesa (es. la spesa pensionistica). Lasciando poi alle Regioni l’onere di aumentare le imposte e ridimensionare i servizi offerti. Le regioni peraltro, anche sotto la minaccia dei Piani di Rientro, tendono a risparmiare per evitare di provvedere alla copertura di eccessi di spesa con finanziamenti a carico dei bilanci regionali.


SPESA SANITARIA PRO CAPITE ITALIANA INFERIORE A  QUELLA DEI MAGGIORI PAESI EUROPEI
La spesa sanitaria pubblica corrente in rapporto al PIL rappresenta 6,5% (in linea con la media Ocse ma inferiore alla maggior parte dei paesi dell’Europa nord-occidentale e agli Stati Uniti). Il dato pro-capite è allarmante: i 2.545 dollari in media spesi dal nostro SSN per ogni cittadino sono molto lontani, ad esempio, dai 5.289 dollari della Norvegia, i 5.056 della Germania, gli 8.949 dollari degli
Stati Uniti. Se si considera poi la spesa sanitaria pubblica pro-capite, in Europa ben 14 Paesi investono più di noi (peraltro anche paesi, come Regno Unito, Germania, Francia, Svizzera che non hanno sistemi completamente a finanziamento pubblico come il nostro).




TRA IL 2009 E IL 2017 IL SSN HA PERSO 46.000 DIPENDENTI

La contrazione della spesa sanitaria ha interessato tutte le componenti di spesa, ma ha colpito soprattutto personale sanitario e farmaceutica convenzionata. L’incidenza di quest’ultima sulla spesa sanitaria totale si riduce dal 12,8% del 2000 al 6,7% del 2017. Riguardo al personale l’incidenza sulla spesa sanitaria totale dei redditi da lavoro dipendente passa dal 39,8% del 2000 al 30,7% del 2017 (a causa delle imposizioni alle Regioni in Piano di Rientro, il contenimento nelle assunzioni, il blocco delle procedure contrattuali e il limite agli incrementi retributivi al personale dipendente). La sanità pubblica nazionale ha perso, tra il 2009 e il 2017, più di 46 mila unità di personale dipendente. Oltre 8.000 medici e più di 13 mila infermieri (Ragioneria dello Stato, MEF, Conto Annuale, vari anni).
Il contestuale consistente ricorso a personale “flessibile”, ha portato ad una precarizzazione del lavoro.
È la normativa nazionale ad imporre, dal 2006, un tetto alla spesa del personale (il limite massimo di impegno per la spesa per il personale dipendente è quello del 2004, che ammontava a € 29,5 mld, decurtato dell’1,3%) e i vincoli sono stati man mano confermati con diversi atti legislativi: legge 296/2006, legge 191/2009, decreto legge 95/2012 conv. con la legge 135/2012, legge 190/2014. Dal 2019 la spesa degli enti del SSN non potrà superare il valore sostenuto nel 2018 incrementato di un importo pari al 5 per cento dell’incremento registrato dal Fondo sanitario (decreto legislativo 35/2019).      
             

SOLO 3,2 POSTI LETTO OGNI MILLE ABITANTI
La normativa nazionale, ai fini del contenimento dei costi e per l’accesso al finanziamento integrativo, impone una limitazione delle dotazioni strutturali degli ospedali attraverso la fissazione di uno standard di posti letto massimo (inclusa riabilitazione e lungodegenza) attualmente pari a 3,7 posti letto per mille abitanti (DM 70/2015) (precedentemente fu 4,5 e 4 - legge 311/04, Intesa 2005 e Patto per la Salute 2010-12).
Attualmente nel nostro Paese il numero dei posti letto pro capite negli ospedali è inferiore a questa soglia poiché ci sono 3,2 posti letto ogni 1.000 abitanti, un numero molto basso rispetto a paesi come la Germania (8/1.000), la Bulgaria (7,5/1.000), l’Austria (7,4/1.000) e ai 5 ogni 1.000 abitanti della media dell’Unione europea.

Tra il 2010 e il 2018 i posti letto fra strutture pubbliche e private convenzionate con il SSN sono scesi del 13,7 % in termini assoluti e del 15,5 % in rapporto alla popolazione. Il calo dei posti letto pro-capite è stato più marcato per le strutture pubbliche (17,1 %), ma si è manifestato anche in quelle private accreditate (9 %) (MEF, Annuario Statistico del SSN 2017).                                                                                                                                                                                                                                   


DIFFICOLTÀ DI ACCESSO ALLE CURE E AUMENTO DELLE DISUGUAGLIANZE
Tutto ciò ha comportato una riduzione dei servizi sanitari, l’ampliarsi delle liste d’attesa e aumenti della compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini (ticket - per specialistica ambulatoriale, accessi non urgenti al pronto soccorso, ricoveri ospedalieri, farmaci - ), ha pregiudicato le condizioni di accesso alle cure (colpendo soprattutto le categorie più deboli e aggravando le già importanti diseguaglianze sociali) e uno spostamento di domanda verso il mercato privato delle prestazioni e dei servizi sanitari, con oneri a loro carico (Ufficio Parlamentare di Bilancio, “Lo stato della sanità in Italia”, dicembre 2019).


AUMENTA LA SPESA PRIVATA
Il 27% della spesa sanitaria è privata (€ 41.789 milioni a fronte dei € 113.131 milioni di spesa pubblica), e la copertura pubblica è del 73%, peraltro in diminuzione. La componente privata è prevalentemente out-of-pocket, cioè un quarto della spesa sanitaria nel nostro Paese ricade direttamente sull’individuoLa spesa sanitaria diretta delle famiglie è cresciuta tra il 2012 e il 2017 del 14,9 % contro il 2,9 % di quella delle amministrazioni pubbliche (ISTAT, Sistema dei conti della sanità, giugno 2018; Rapporto Oasi 2019).


Peraltro è stato dimostrato che una parte notevole delle prestazioni private sono irrilevanti per la salute o fornisce servizi inappropriati, spesso legate anche a fenomeni di induzione da parte dell’offerta.
Nello stesso senso vanno le agevolazioni fiscali concesse alle misure di “welfare aziendale” e del welfare “di comunità”, realizzato dalle Fondazioni bancarie, fenomeni che a loro volta spingono verso privatizzazione e depotenziamento della sanità pubblica, gravando sui più deboli e creando discriminazioni a favore di chi è occupato (rispetto a chi non lo è) e a favore di specifiche categorie di lavoratori.


POCHISSIMI INVESTIMENTI E PREVENZIONE
Lo Stato agisce con una visione di breve periodo. Ha pensato soprattutto agli obiettivi di cassa per pervenire in tempi brevi ad una riduzione della spesa di parte corrente e molto poco agli investimenti in tecnologie, a far fronte all’obsolescenza di strutture e apparecchiature e per il rispetto delle norme sulla sicurezza (gli investimenti sono pari all’ 1,8% della spesa e nel periodo 2009-2017 quelli da
parte degli enti sanitari locali sono calati del 48%) (Corte dei Conti, Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali 2017).

Non c’è poi cultura della prevenzione, che invece salva vite e riduce la spesa nel lungo periodo (e sicuramente non ci pensa il privato, perché la considera attività poco remunerativa). “Si potrebbe ridurre del 50% il peso delle cronicità se si facessero politiche di prevenzione efficaci, liberando grandi quantità di risorse da utilizzare anche per le emergenze” (Prof. R. Tarricone, Economia dei sistemi sanitari, Bocconi).


LA SALUTE COME DIRITTO “FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATO” …
In base a quanto prevede l’articolo 32 della Costituzione e il sistema istituito dalla Legge 833/1978, l’obiettivo primario dovrebbe essere la prestazione adeguata in termini sanitari. Non può spettare alla decisione finanziaria definire il contenuto delle prestazioni, quindi del diritto. Le prestazioni per l’attuazione del diritto sono dovute in quanto tali (sono essenziali) e sul legislatore insiste il preciso dovere di garantirne in condizioni di efficacia ed efficienza gestionale le risorse finanziarie necessarie. Fino ad oggi invece quello alla salute si è presentato come diritto “finanziariamente condizionato”, espressione coniata dalla Corte Costituzionale (es. sent. 248/2011).



"La sanità in Italia prima del Covid"











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