Lunedì 30 settembre 2019 si sono riuniti in assemblea cittadine e cittadini singoli o facenti parte di comitati, associazioni, gruppi e realtà sociali torinesi interessati e attivi nella difesa e nello sviluppo dei beni comuni. Scopo dell'incontro è stato fare il punto sulle attività in svolgimento e sulla situazione cittadina nel suo complesso, con riferimento anche alle iniziative messe in campo dall'amministrazione comunale che incidono sulla possibilità di mantenere e creare in città spazi di partecipazione legati all'esistenza di beni comuni.
I presenti hanno sottolineato come, nonostante la diversità delle tipologie che possono avere, i beni comuni devono avere tutti eguale considerazione ed essere soprattutto oggetto di confronto pubblico e attenzione sia da parte dei cittadini che delle istituzioni.
A partire da ciò è stato ritenuto inadeguato e inopportuno il percorso puramente politico - amministrativo intrapreso negli ultimi mesi dal Comune di Torino, che con una decisione della Giunta, senza nessun preventivo confronto con i cittadini e le realtà che si occupano di beni comuni, ha approvato la revisione del Regolamento dei Beni Comuni: un controsenso, trattandosi di una materia basata invece sulla trasparenza e sull'inclusione della cittadinanza.
Come conseguenza di questo approccio, ad una attenta analisi del testo approvato dalla Giunta comunale la partecipazione dei cittadini risulta troppo burocratizzata e i criteri economici introdotti uccidono la possibilità di proteggere e far crescere circuiti di dono, mutualismo e scambio: i beni comuni non sono locali commerciali, è tanto difficile capirlo?
Il regolamento inoltre parla unicamente di beni comuni urbani, che sono solo un tassello, certamente importante ma parziale, dell’intero discorso che mobilita ogni giorno nella difesa e cura di tutti i beni comuni, dall’acqua al verde pubblico, all’ambiente, ai parchi e alle risorse naturali, che sono per noi diritti fondamentali, politici e sociali.
Siamo consapevoli che questo sia stato concepito come un regolamento il quale riguarda solo un certo tipo di beni comuni: ma perché non inserire anche anche le altre tipologie almeno nelle definizioni, che invece appaiono scarne e lontane dalle ipotesi più avanzate? Perché non cogliere l’occasione per ribadire in atti concreti quello che, a parole, sovente troppe, ad oggi è solo invece una eterea affermazione di principio, cioè che l’acqua è un bene comune?
E sempre come conseguenza di un percorso non partecipato nella sua progettazione, nel Regolamento manca coerenza circa la previsione di un elemento qualificante dei beni comuni: la gestione partecipativa.
Il potere di gestione diretta e l’uso plurale condiviso da diversi soggetti è previsto solo per alcuni strumenti di gestione dei beni comuni, mentre per altri non viene chiaramente individuato chi partecipa e dove. Viene poi introdotta, a tale proposito, la fondazione. Che, come proposta nella delibera, rappresenta uno strumento pericoloso di privatizzazione: quale sarà il patrimonio di queste fondazioni definite “Fondazione Bene Comune”? Perché tali fondazioni non vengono vincolate a scopi concreti e, soprattutto, a criteri di apertura anche ai soggetti deboli, che non hanno né oggi né avranno domani la possibilità di usufruire di un bene pagando al prezzo di mercato il suo accesso? Chi farà parte dei loro consigli di amministrazione, come verrà composta l’assemblea dei soci e quali sono le garanzie che gli immobili loro assegnati non vengano alienati in caso di debiti contratti dalle fondazioni medesime? Una volta che il bene viene “conferito” – e non invece concesso o affidato – la strada di fatto è già aperta alla sua alienazione, ovvero alla privatizzazione. E questo è un principio contrario all'intera logica e al significato dei beni comuni. Se si vuole proteggere un bene dalla disponibilità, perché non affidarne la gestione ad organi civici autonomi e indipendenti? In una città come Torino, parlare di fondazioni senza simili elementari chiarezze, rappresenta un indirizzo politico che NON POTRÁ MAI VEDERCI D’ACCORDO. Il discorso sulle fondazioni diventa ancora più importante oggi, nel momento in cui il Comune di Torino ha siglato un accordo canaglia con Cassa Depositi e Prestiti il quale sembra già segnare in modo negativo, prima di nascere, qualunque percorso partecipativo.
Perché svilire poi, nel Regolamento beni comuni in via di approvazione, lo strumento dell’uso civico e collettivo urbano, che da forma di autogoverno delle comunità di cittadini sperimentato in altre città viene trasformato in un negozio giuridico, quindi un contratto, stipulato con dei rappresentanti, scelti oltretutto in modo opaco e arrogante?
Il fine non giustifica i mezzi: se parliamo di beni comuni ci vuole un processo partecipativo di discussione e confronto PUBBLICO, che per essere veramente partecipato non deve quindi muoversi all'interno di meccanismi già preordinati, come quelli previsti nella proposta di regolamento approvata dalla Giunta, della quale pertanto chiediamo la revoca.
E noi questo percorso pubblico e partecipativo di discussione lo faremo, a prescindere dalle intenzioni politiche dell’amministrazione comunale.
Per questo abbiamo deciso di dare vita al Coordinamento Beni Comuni Torino e di organizzare una assemblea pubblica, nel mese di ottobre, dove, con un processo partecipativo REALE, dal basso e senza l’ausilio di fantomatici “albi” di esperti, costruiremo l’opposizione alla modalità di gestione dei beni comuni cittadini prevista dal nuovo Regolamento, il quale non rappresenta le cittadine e i cittadini e tutte le forme organizzate che si battono per la salvaguardia e lo sviluppo dei beni comuni.
COORDINAMENTO BENI COMUNI TORINO