COL CAPPELLO IN MANO
L’Assessore al Bilancio chiede al Consiglio Comunale di Torino di accettare le nuove condizioni finanziarie sul debito, proposte dalle banche, per allentare di poco la corda al collo del Comune rappresentata dal suo debito.
E lunedì prossimo il Consiglio voterà due delibere melliflue e fuorvianti, che da un lato trattano con stile mieloso un problema drammatico qual è quello del debito pubblico e dall’altro danno l’idea di un ruolo attivo del Comune che invece è di acquiescenza al volere delle banche. Verba manent: la proposta di rinegoziazione dei mutui è pervenuta dalle banche, non è frutto della volontà del Comune – che finora Assemblea21 ha vanamente sollecitato – di mettere in discussione il debito illegittimo, le condizioni poste dalle banche, la manipolazione del tasso Euribor negli anni 2005-2008.
E si spaccia per un vantaggio del Comune di Torino il prolungamento della scadenza dei singoli mutui sino al 2036 con la conseguente diluizione delle rate e degli interessi. Le delibere infatti NON dicono quale sia il valore esatto del nuovo tasso d’interesse, limitandosi a rimandare ai “tassi a termine impliciti nella curva degli attuali tassi di mercato” e alle “condizioni finanziarie fissate al momento del perfezionamento dell’operazione”.
In realtà le delibere non realizzano alcun risparmio per il Comune, al contrario la rinegoziazione comporta nel suo complesso, fino alle nuove scadenze, maggiori oneri a carico del Comune stesso per un importo stimato, alla data del 7 novembre 2018, di 52.055.317 euro.
È la dimostrazione lampante che il vero interesse delle banche non è quello di farsi restituire al più presto i loro soldi maggiorati dei relativi interessi, ma di tenere il più a lungo possibile il laccio del debito al collo dei debitori assicurandosi un’entrata certa a cadenze regolari – il pagamento degli interessi – e disporre prima o poi dei beni del debitore (SMAT ad es. è da anni il boccone più saporito anche per IREN).
E’ chiaro ormai che l’obiettivo delle banche, della finanza nazionale e sovranazionale, non è la riduzione o la scomparsa del debito, bensì la continua estrazione di valore dai beni comuni e la perpetuazione del rapporto di sudditanza dei debitori pubblici nei confronti dei creditori privati.
Un rapporto di sudditanza al quale avevamo sperato volesse sottrarsi l’Assessore al Bilancio Rolando, promettendo di verificare se e in quale misura i contratti di finanza derivata contengano pattuizioni dannose per il Comune e quindi tutti i torinesi ma respingendo la nostra richiesta di sospendere il pagamento alle banche dei 16 milioni di euro all'anno di super-interessi sui derivati.
Ancora una volta, la Città di Torino si presenta alle banche col cappello in mano.
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