venerdì 11 dicembre 2020

IL BUONO SPESA DISCRIMINATORIO



Nella città di Torino è ripartita la possibilità di fare richiesta per i buoni spesa sul portale dedicato. Le risorse ammontano a 4 milioni e 600 mila euro, di questi 2 milioni e mezzo per i voucher buoni spesa mentre 2 milioni e 100 mila euro andranno alla rete "Torino Solidale" per i panieri.

La prima tornata torinese di buoni spesa è purtroppo nella memoria di tutt*: esauriti in pochissimo tempo perché l'Amministrazione aveva scelto, a differenza  di tantissime altre città, di non fissare un limite di reddito nella richiesta.

Questa seconda erogazione non è, al pari della prima, esente da criticità:
1) i cittadini non possono scegliere tra voucher o paniere perché "Torino Solidale" è un modello di welfare avanzato (secondo Appendino) quindi deciderà per te.
2) Il buono spesa è discriminatorio perché la richiesta è permessa solo ai residenti. 

Giova ricordare all'Amministrazione pentastellata che il 22 aprile del 2020 due sentenze hanno bocciato il tentativo di discriminazione razziale nell'ambito dei buoni spesa: a Roma il tribunale civile ha accolto il ricorso di un immigrato filippino sprovvisto di permesso di soggiorno e residenza; a L'Aquila l'estromissione di una famiglia pugliese non residente è stata sanzionata dal Tar Abruzzo.

Altrove, cosa succede? Nella richiesta per i buoni spesa di Napoli si può leggere: per titolari di residenza di prossimità o richiedenti asilo o in attesa di protezione internazionale, compresi coloro i quali abbiano fatto domanda e non gli sia stata ancora riconosciuta.
A Padova, grazie anche alle pressioni politiche di Potere al Popolo, il Comune ha deciso di eliminare per questa seconda tornata il criterio della residenza per i richiedenti.

Sentenze:
Napoli:
Padova:

mercoledì 2 dicembre 2020

Una mail per bloccare l'abolizione dei contributi e degli assegni di cura per l'assistenza domiciliare di malati cronici e anziani

E’ avviato in Senato l’esame della Legge finanziaria 2021. Il Direttore generale della Programmazione del Ministero della Sanità Andrea Urbani  ha illustrato il 21 ottobre scorso alla Commissione Sanità del Senato un succinto documento contenente le linee guida ministeriali per la riforma della medicina del territorio.

Pomposamente intitolato “Potenziamento e riqualificazione della medicina territoriale” il documento di 4 (diconsi quattro) pagine, promette 10 miliardi di investimenti, 1,5 dei quali destinati alle RSA dove il dramma della pandemia Covid è stato più devastante per la disorganizzazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e la mancanza di personale.

Invece di favorire le cure domiciliari, il Ministero della Sanità ha però abolito  contributi e assegni di cura  destinati a malati cronici non autosufficienti adulti e anziani per aiutarli ad affrontare le spese delle cure a domicilio – in alternativa al ricovero -  quando la famiglia è disponibile con l’aiuto di terze persone.

Un’altra violazione del diritto alla sanità pubblica e della particolare  tutela dovuta ad esseri umani indifesi, dei quali vanno rispettate la dignità e le personali esigenze.

Per bloccare l'abolizione di contributi e assegni di cura per l'assistenza domiciliare di malati cronici e anziani, se condividete inviate una mail con il seguente oggetto e testo ai membri della Commissione Igiene e Sanità del Senato (gli indirizzi sono riportati sotto il testo):

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

No all'abolizione di contributi e assegni di cura per l'assistenza domiciliare di malati cronici e anziani

Onorevoli senatori e senatrici

vi chiedo di respingere la proposta che vi ha  presentato il 20 ottobre u.s. il  Direttore generale del Ministero della Salute, che abolisce i contributi forfettari e assegni di cura a carico della sanità per i malati cronici non autosufficienti adulti e anziani, a sostegno dei maggiori oneri che devono affrontare per poter essere curati a domicilio (in alternativa al ricovero) nei casi in cui possono contare sulla disponibilità volontaria di congiunti o sull’aiuto di terze persone valutate idonee dalla commissione preposta dell’ASL. 

Le cure dei malati cronici non autosufficienti  devono rientrare nella competenza della Sanità e delle relative risorse, per garantire i diritti sanciti per tutti i malati, compresi quelli cronici e non autosufficienti, dall’art.1 e segg. della legge 833/1978, che vieta ogni discriminazione. 

 luogo e data                                                                                           nome e cognome

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

la mail va inviata ai seguenti indirizzi (facendo copia di tutto e incollandolo nel campo 'A'):

annamaria.parente@senato.it, paola.boldrini@senato.it, mariacristina.cantu@senato.it, giovanni.endrizzi@senato.it, francesco.zaffini@senato.it, paola.binetti@senato.it, caterina.bini@senato.it, segreteria.castellone@senato.it, elena.cattaneo@senato.it, luigi.dimarzio@senato.it, carlo.doria@senato.it, davide.faraone@senato.it, sonia.fregolent@senato.it, vanna.iori@senato.it,michelina.lunesu@senato.it,raffaella.marin@senato.it, gaspare.marinello@senato.it, raffaele.mautone@senato.it, elisa.pirro@senato.it, giuseppe.pisani@senato.it, matteo.richetti@senato.it, maria.rizzotti@senato.it,  marco.siclari@senato.it, laura.stabile@senato.it, segreteriaministro@sanita.it


Nota della Fondazione Promozione Sociale Onlus di Torino

Nello specifico si osserva che il provvedimento del Ministero della salute:

1.   per quanto riguarda le prestazioni domiciliari, prevede un incremento dell’Adi (assistenza domiciliare integrata), che – com’è noto alle associazioni che seguono i casi individuali – è certamente utile, ma del tutto insufficiente per i malati cronici non autosufficienti. L’Adi prevede infatti l’attivazione a discrezione del medico di medicina generale del paziente esclusivamente di interventi professionali come il passaggio periodico del medico, o dell’infermiere per le medicazioni. Si tratta di interventi limitatissimi (qualche ora alla settimana al massimo), limitati nel tempo e che non prevedono assolutamente attività tutelari (nutrizione, idratazione, mobilizzazione… del malato).

Le associazioni, come noi,  che seguono concretamente i casi individuali dei malati non autosufficienti e,  a maggior ragione, le famiglie stesse che hanno un loro caro in questa drammatica situazione, sanno che in questi casi oltre alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie domiciliari, sono indispensabili ulteriori prestazioni per garantire la loro sopravvivenza, tenuto conto che hanno esigenze indifferibili, necessitano di sorveglianza 24 ore su 24 e sono totalmente dipendenti dall’aiuto di terzi per le funzioni vitali (igiene personale, assunzione terapie, mobilizzazione, alimentazione, idratazione…).

A fronte di questa condizione di bisogno sanitario, il documento presentato il 20 ottobre u.s. alla Commissione Igiene e sanità del Senato, dal Direttore generale del Ministero della salute, non prevede né contributi forfettari, né assegni di cura a carico della sanità per i malati cronici non autosufficienti adulti e anziani, a sostegno dei maggiori oneri che devono affrontare per poter essere curati a domicilio (in alternativa al ricovero) nei casi in cui possono contare sulla disponibilità volontaria di congiunti o sull’aiuto di terze persone valutate idonee dalla commissione preposta dell’asl;

2.   in riferimento alle Rsa è lontano dalla riforma radicale dell’organizzazione delle cure che tutti noi  chiediamo; benché sia ormai emersa e riconosciuta la totale disorganizzazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e la carenza degli standard del personale di ogni professionalità, gli interventi proposti riguardano solo aggiustamenti strutturali e telemedicina. Nulla viene proposto per quanto concerne la riorganizzazione delle cure e l’implementazione conseguente degli standard del personale;

3.   prevede ospedali di comunità con la missione di decongestionare gli ospedali dai ricoveri attraverso il pronto soccorso. Invito a leggere al riguardo quanto riferisce il “Quotidiano sanità”, perché si prevedono degenze brevi (15-20 giorni) che «hanno lo scopo di facilitare le dimissioni fornendo alle famiglie e ai servizi territoriali il tempo necessario per organizzarsi» e si precisa che «i suddetti posti letto sono dedicati a soggetti che necessitano di assistenza infermieristica continuativa e assistenza medica programmata». L’esperienza che abbiamo già sperimentato sono gli ospedali di comunità della Regione Veneto, che in contrasto con le norme vigenti (vedi ad esempio l’articolo 30 del dpcm 12 gennaio 2017) applicano richieste di pagamento, se si superano i termini di ricovero prestabiliti a tavolino. Esperienze analoghe si ritrovano nelle case di cura utilizzate per le cure intermedie di lungodegenza e riabilitazione, nonché nelle Rsa dell’Umbria e della Toscana, che dimettono i malati non autosufficienti al termine dei percorsi di cura predefiniti (o chiedono il pagamento della retta privata a loro carico), salvo che i congiunti siano informati e utilizzino l’opposizione alle dimissioni con richiesta di continuità terapeutica. In Lombardia stiamo seguendo la situazione di una donna di 50 anni, in stato di minima coscienza, che sarebbe stata dimessa a totale carico dei congiunti se i genitori non avessero ricevute le informazioni sui diritti della paziente. Ricordo che con le associazioni Diana (Verona), Umana (Perugia), Senza limiti (Milano), Associazione promozione sociale (Torino) abbiamo contestato i tempi di durata dei ricoveri scritti a tavolino con ricorso al Consiglio di Stato; la sentenza 1858/2019 – pur negativa per tutti gli altri aspetti sollevati – ha comunque riconosciuto che «non è cogente», cioè non trova fondamento alcuno nella legge e perciò è illegittimo, il periodo di ricovero prefissato. Infatti, il malato cronico non autosufficiente ha diritto – come tutti – alla continuità terapeutica fino alla presa in carico dell’Asl di residenza (articolo 1 e 2, legge 833/1978), per cui non si possono stabilire tempi di degenza a priori.

mercoledì 21 ottobre 2020

SABATO 24 OTTOBRE ore 9,30, MERCATO DI PIAZZA BARCELLONA

 


SABATO 24 OTTOBRE ore 9,30

MERCATO DI PIAZZA BARCELLONA
tra via Pinelli e  via Vagnone

Assemblea21 torna nei mercati per proseguire l'inchiesta sui problemi di quartieri e periferie torinesi. I mesi del blocco hanno dimostrato come  vivibilità, socialità e servizi di prossimità siano fondamentali per avere la sicurezza di una vita dignitosa. Vogliamo quindi capire se l'attuale strutturazione dei quartieri della nostra città abbia costituito un sostegno o un problema per le/i cittadinie/i.

Sono invitati al presidio movimenti, comitati, realtà sociali e tutti gli e le abitanti che vogliono condividere i loro problemi e partecipare alle scelte sulla propria città: il nostro banchetto è a disposizione (per info: assemblea21gen@gmail.com)

Al banchetto sarà possibile compilare un questionario relativo alle condizioni del quartiere

Per dettagli sulle restanti date, sull'iniziativa e sul questionario:
https://assemblea21.blogspot.com/2020/09/sabato-129-mercato-corso-spezia-riparte.html 

venerdì 16 ottobre 2020

Riunione pubblica lunedì 19 ottobre, ore 21

Riunione pubblica di Assemblea21 

lunedì 19 ottobre alle ore 21
presso il CSOA Gabrio,

via Millio 42 Torino

per discutere l'organizzazione
delle prossime iniziative


Per consentirne lo svolgimento in sicurezza, queste sono le regole anti contagio adottate dall'assemblea del CSOA Gabrio che andranno rispettate:

*) All'interno del Gabrio saranno presenti gel sanificanti: ti invitiamo ad utilizzarli
*) In caso di iniziative in spazi chiusi ti invitiamo ad indossare la tua mascherina e consigliamo di aprire le finestre e/o porte per areare i locali
*) Ti invitiamo a mantenere una distanza di sicurezza di almeno 1 m. in presenza di altre persone
*) Ti invitiamo a fumare all'aperto

mercoledì 7 ottobre 2020

15 ottobre ore 21, riunione organizzativa per iniziative sulla revisione del Piano Regolatore di Torino e contro la politica di gestione della città

Facciamo seguito alla riunione del 24 settembre scorso, durante la quale era stata proposta la realizzazione di iniziative a sostegno delle osservazioni alla Revisione del Piano Regolatore preparate dai soggetti presenti e contro la politica di gestione della città che sottintende il progetto presentato dal Comune, per invitarvi a una seconda riunione, questa volta di tipo più organizzativo,

giovedì 15 ottobre alle 21 presso il CSOA Gabrio in via Millio 42 Torino.

Proponiamo che la discussione riguardi l'organizzazione di iniziative pubbliche convocate congiuntamente dai soggetti presenti che saranno d'accordo nel realizzarle in quella modalità,  una delle quali da tenersi già entro la fine di ottobre in modo da ridurre la possibilità di incorrere in limitazioni alle possibilità di organizzare iniziative collettive maggiori  di quelle attualmente in vigore.  Queste  iniziative proponiamo che siano almeno due, di cui:

- una come assemblea pubblica in locale al chiuso adeguato, con collegamento in videoconferenza, per condividere e discutere le osservazioni al PRG presentate al Comune ed esprimere una valutazione generale sulla revisione
- una come iniziativa all'aperto in una piazza cittadina per dare visibilità al percorso comune deciso.

Ovviamente durante la riunione possono essere proposte altre attività da realizzare nel periodo che intercorre con la seduta del Consiglio Comunale che poi approverà la revisione del Piano Regolatore. 

Dati i tempi ormai ristretti per organizzare la prima iniziativa, si rende necessario che giovedì 15 ottobre venga già presa una decisione relativamente alla data, alla modalità di convocazione e al tipo di iniziativa, oltreché a un eventuale titolo o slogan con cui presentarla, in modo da poter procedere poi da subito a mettere in atto quanto necessario suddividendo i compiti organizzativi tra i soggetti promotori e chi di altri disponibile.

Vi aspettiamo quindi tutte e tutti giovedì 15 ottobre prossimo.

Per consentirne lo svolgimento in sicurezza, la riunione si terrà nel salone al piano terreno. Qui sotto sono riportate le regole anti contagio adottate dall'assemblea del CSOA Gabrio che quindi andranno rispettate:

*) All'interno del Gabrio saranno presenti gel sanificanti: ti invitiamo ad utilizzarli
*) In caso di iniziative in spazi chiusi ti invitiamo ad indossare la tua mascherina e consigliamo di aprire le finestre e/o porte per areare i locali
*) Ti invitiamo a mantenere una distanza di sicurezza di almeno 1 m. in presenza di altre persone
*) Ti invitiamo a fumare all'aperto

sabato 10/10, mercato di Falchera: continua l'inchiesta su quartieri e periferie


SABATO 10 OTTOBRE ore 9,30
MERCATO DI FALCHERA
(altezza n. civico 10 di via degli Abeti) 

Assemblea21 torna nei mercati per proseguire l'inchiesta sui problemi di quartieri e periferie torinesi. Questi mesi di blocco hanno dimostrato come  vivibilità, socialità e servizi di prossimità siano fondamentali per avere la sicurezza di una vita dignitosa.

Vogliamo quindi capire se l'attuale strutturazione dei quartieri della nostra città abbia costituito un sostegno o un problema per le/i cittadinie/i.

Sono invitati al presidio movimenti, comitati, realtà sociali e tutti gli e le abitanti che vogliono condividere i loro problemi e partecipare alle scelte sulla propria città: il nostro banchetto è a disposizione (per info: assemblea21gen@gmail.com)

Al banchetto collocato in ogni mercato sarà possibile compilare un questionario relativo alle condizioni del proprio quartiere. 

Per dettagli sulle restanti date, sull'iniziativa e sul questionario: https://assemblea21.blogspot.com/2020/09/sabato-129-mercato-corso-spezia-riparte.html 

domenica 4 ottobre 2020

Parco della Salute alle Commissioni congiunte Circoscrizioni 1 e 8, martedì 6 ottobre alle 17,30

Martedì 6 ottobre 2020 alle ore 17,30 è convocata in videoconferenza  la  riunione congiunta delle Commissioni IV delle Circoscrizioni 1 e 8, alla presenza dell'Assessore all'Urbanistica, per discutere ed esprimere il parere sulla proposta di revisione del Piano Regolatore approvata dal Consiglio Comunale, sulla quale fino al 15 ottobre prossimo e' possibile presentare osservazioni.

Nel territorio delle Circoscrizioni 1 e 8 è prevista dalla revisione del Piano Regolatore la costruzione del Parco della Salute, contro la quale Assemblea21 si e' gia' espressa con il documento SANITA', PRESENTIAMO IL CONTO - Cap. 2: La finanza di progetto e il nostro diritto alla salute e nel video Finanza di Progetto: i privati stiano fuori dalla sanità, mentre ATTAC e Potere al Popolo hanno già  presentato al Comune, sempre contro la sua realizzazione, due osservazioni alla proposta di revisione:
ATTAC: https://www.attactorino.org/documenti/PRGTO/OSSERV_20200923_ATTAC_Torino.pdf, n. 10;
Potere al Popolo https://www.attactorino.org/documenti/PRGTO/OSSERV_20200925_PAP.pdf)

La seduta congiunta delle due commissioni si terrà nella stanza virtuale raggiungibile dal link https://comunetorino.webex.com/meet/C8



giovedì 1 ottobre 2020

Riunione pubblica lunedì 5 ottobre, ore 21


Riunione pubblica di Assemblea21 

lunedì 5 ottobre alle ore 21
presso il CSOA Gabrio
via Millio 42 Torino

per discutere l'organizzazione 
delle prossime iniziative

sabato 26 settembre 2020

Immagini dal mercato di corso Svizzera, sabato 26 settembre

 

Sei percorso da una sorta di timore reverenziale quando calpesti le strade della Circoscrizione 4. È la Circoscrizione,...

Pubblicato da Assemblea21 su Sabato 26 settembre 2020

venerdì 25 settembre 2020

TORINO: UN COMUNE AL CAPPIO DEL DEBITO, UN ASSESSORE AL GUINZAGLIO DELLE BANCHE


L’Assessore al Bilancio del Comune di Torino, nelle sedute del Consiglio Comunale del 14 e del 23 settembre, ha dimostrato di non voler proprio ridurre il debito di 3 miliardi di euro a carico di tutti i torinesi.

In tutto il mondo si contesta il “debito illegittimo” che ha portato alla crisi del 2008 e all’austerità che distrugge posti di lavoro, salari, diritto alla casa, alla salute, alla scuola

Assemblea21 sostiene da anni che gran parte del debito del Comune di Torino è artificioso, illegittimo, costruito dalle banche con operazioni finanziarie simili all’usura, dalle quali questa maggioranza può ma non si vuole liberare. 

Lo dimostrano le carte che Assemblea21 è riuscita a far tirare fuori (facendo accesso agli atti, perchè il Comune non le ha mai pubblicate), da cui si ricava che i nostri Sindaci e Assessori, di prima e di adesso,  hanno stipulato accordi e sottoscritto condizioni  con le banche a danno dei torinesi ma non hanno mosso un dito per rimediare.

Sono anni che chiediamo all’Assessore al Bilancio e alla Sindaca di far valere almeno la Decisione della Commissione Europea contro le speculazioni delle banche sul tasso Euribor  applicato ai mutui della Città, e quella recente della Corte di Cassazione italiana che dichiara illegittimi i contratti “derivati” non approvati dal Consiglio comunale. Ma tutte le scuse son buone per non agire: prima ti fanno sospirare le informazioni, poi ti fanno accedere a pochi atti, poi ammettono che forse c’è qualcosa che non va  ma devono chiedere costosi pareri a consulenti esterni, poi ci ripensano: no, lo facciamo noi, ma scoprono che per alcuni contratti il Tribunale competente non è in Italia ma a Londra... Come la mettiamo ora che la Gran Bretagna non fa più parte della UE?  Andiamo alle Nazioni Unite?

E intanto centinaia di milioni di euro continuano a pesare indebitamente sulle spalle dei torinesi: ecco l’alibi per la svendita del patrimonio pubblico e per la privatizzazione dei servizi.

Lunedì 14 settembre l’Assessore al Bilancio ha toccato l’assurdo: beh, sì, forse, possiamo cominciare a rinegoziare con le banche contratti Interest Rate Swaps in cui il Comune guadagna qualcosa: senza citare però quelli in cui la Città perde diversi milioni ogni anno (solo nel 2020  16.719.291 di euro).

La maggioranza 5 Stelle del Consiglio Comunale tace (sull'ordine del giorno relativo alla riduzione del peso del debito che grava sulla città, nel Consiglio di lunedì 14, non ha ritenuto di dedicare neanche un secondo alla discussione e ha respinto, in modo sbrigativo, l'atto), quindi acconsente e si rende corresponsabile di un grave danno erariale alla Città.

Assemblea21 non si rassegna: chiamerà in causa gli organismi pubblici di controllo sui conti del Comune,  a partire dalla Corte dei Conti locale e nazionale, al Tribunale di Torino (sperando che non vi siano amici di Luca Palamara), agli appositi uffici del Ministero fino al Difensore Civico.

Ai cittadini il giudizio su questi Amministratori comunali, che ci avevano promesso il cambiamento!

martedì 22 settembre 2020

Sabato 26 settembre, dalle 9,30: incontro al mercato di corso Svizzera

 


SABATO 26 SETTEMBRE H. 9,30
MERCATO DI CORSO SVIZZERA  

Assemblea21 torna nei mercati per proseguire l'inchiesta sui problemi di quartieri e periferie torinesi. Questi mesi di blocco hanno dimostrato come  vivibilità, socialità e servizi di prossimità siano fondamentali per avere la sicurezza di una vita dignitosa.

Vogliamo quindi capire se l'attuale strutturazione dei quartieri della nostra città abbia costituito un sostegno o un problema per le/i cittadinie/i.

Sono invitati al presidio movimenti, comitati, realtà sociali e tutti gli e le abitanti che vogliono condividere i loro problemi e partecipare alle scelte sulla propria città: il nostro banchetto è a disposizione (per info: assemblea21gen@gmail.com)

Al banchetto collocato in ogni mercato sarà possibile compilare un questionario relativo alle condizioni del proprio quartiere. 

Per dettagli sulle restanti date, sull'iniziativa e sul questionario: https://assemblea21.blogspot.com/2020/09/sabato-129-mercato-corso-spezia-riparte.html 



giovedì 17 settembre 2020

Giovedì 24 settembre: riunione pubblica sulla revisione del Piano Regolatore di Torino

La revisione del Piano Regolatore di Torino decisa dal Consiglio Comunale dopo 25 anni dalla sua approvazione  è attualmente nella fase della presentazione di osservazioni al progetto da parte dei soggetti interessati, che si conclude il 24 settembre. Chiunque puo' presentarne, ma i piu' interessati a farlo sono come al solito coloro che, singolarmente o rappresentati dalle associazioni di categoria (imprenditoriali, di professionisti, di commercianti, della finanza ecc) vogliono poter trarre profitto dalle modifiche alla struttura della città che la revisione comporterà. Poca o nessuna attenzione prestano costoro alle ricadute positive che invece ci dovrebbero essere sull'ambiente, sulla salute, sulla qualità della vita delle persone,  aspetti ritenuti sacrificabili agli obiettivi di sfruttamento economico del territorio urbano. 

Invece proprio su questo tipo di ricadute si e' concentrata l'attenzione di comitati, associazioni, gruppi spontanei e realtà sociali, che dopo aver verificato l'esistenza di grosse criticità e di condizioni inaccettabili già nel progetto di revisione elaborato dall'Amministrazione Comunale, interessata soprattutto all'aumento dei valori economici e a chi ne beneficia, si sono attivati per confrontarsi con i cittadini e le cittadine raccogliendo anche firme per sottoporre al Comune le proprie di osservazioni, destinate a essere valutate quindi all'interno del percorso politico e amministrativo di revisione che culminerà con il dibattito in Consiglio Comunale al cui termina verrà approvato il nuovo Piano Regolatore revisionato. 

Per fare in modo che il lavoro svolto da ogni comitato o gruppo possa diventare patrimonio comune e contribuire a costituire un blocco di pressione e sorveglianza  sul resto del percorso che la revisione deve ancora fare, per supportare quello che e' stato proposto ma anche per contrastare cosa di dannoso il progetto definitivo inevitabilmente conterrà, Assemblea21 ritiene indispensabile un confronto tra comitati, gruppi, associazioni, realtà e cittadine e cittadini che relativamente alla revisione del Piano hanno prodotto osservazioni, realizzato iniziative, discusso oppure che anche solamente ritengono esso sia una occasione da non perdere per ridiscutere l'assetto della città. 

Con l'obiettivo inoltre di costruire nel breve periodo, prima della discussione in Consiglio Comunale, UNA INIZIATIVA PUBBLICA che porti all'attenzione cittadina quanto fatto dal basso per proporre nuove e migliori modi di strutturare la città  e contrastare le spinte allo sfruttamento del suolo, alla chiusura dei servizi pubblici, alla disgregazione sociale che scelte urbanistiche volutamente generano quando sono dettate dalle logiche del profitto, superando il silenzio dei mezzi di informazione principali e la grave mancanza di attenzione da parte dell'Amministrazione comunale. 

Con questi obiettivi, invitiamo pertanto tutte e tutti alla 


riunione pubblica 
giovedì 24 settembre alle ore 21
presso
 il CSOA Gabrio in via Millio 42 Torino

martedì 8 settembre 2020

sabato 12/9, mercato corso Spezia: riparte l'inchiesta su quartieri e periferie



Assemblea21 torna nei mercati per proseguire l'inchiesta sui problemi di quartieri e periferie torinesi. Questi mesi di blocco hanno dimostrato come  vivibilità, socialità e servizi di prossimità siano fondamentali per avere la sicurezza di una vita dignitosa.

Vogliamo quindi capire se l'attuale strutturazione dei quartieri della nostra città abbia costituito un sostegno o un problema per le/i cittadinie/i.

Assemblea21 ha sempre richiesto all'Amministrazione comunale di Torino di affrontare questioni concrete che possono invece davvero cambiare la nostra città: lavoro, ambiente, casa, salute e debito.

Assemblea21 è un'esperienza di movimento nata nel 2016 come rete di associazioni, sindacati di base, centri sociali e singoli cittadini con l'obiettivo di portare i problemi concreti della cittadinanza all'Amministrazione cittadina.

Da ormai 4 anni però i nostri appelli e proposte all'Amministrazione comunale sono inascoltati: pertanto abbiamo deciso di ritrovarci i sabati mattina nelle periferie della città per raccogliere le idee, ascoltare le problematiche e affrontarle insieme.

Sono invitati al presidio movimenti, comitati, realtà sociali e tutti gli abitanti che vogliono condividere i loro problemi e partecipare alle scelte della propria città: il nostro banchetto è a disposizione (per info: assemblea21gen@gmail.com)

Al banchetto collocato in ogni mercato sarà possibile compilare un questionario relativo alle condizioni del proprio quartiere. 


APPUNTAMENTI

SABATO 12 SETTEMBRE H. 9,30
MERCATO DI CORSO SPEZIA  

SABATO 26 SETTEMBRE H. 9,30
MERCATO DI CORSO SVIZZERA

SABATO 10 OTTOBRE H. 9,30
MERCATO DI FALCHERA

SABATO 24 OTTOBRE H. 9,30
MERCATO DI PIAZZA BARCELLONA

SABATO 7 NOVEMBRE H. 9,30
MERCATO DI PIAZZA MADAMA CRISTINA




IL QUESTIONARIO

Assemblea21 torna nei mercati per proseguire l'inchiesta sui problemi dei quartieri e periferie torinesi. Questi mesi di blocco ci hanno posto in modo chiaro come la vivibilità e i servizi sui territori e di prossimità siano fondamentali per un avere la sicurezza di una vita dignitosa.
Vogliamo quindi capire se i quartieri della nostra città sono stato un sostegno o un problema per le/i cittadine/i.

1 - Quali sono i maggiori problemi del tuo quartiere?

2 -  Valuti positivamente o negativamente i quattro anni di amministrazione Appendino?

3 - Sai se nel tuo quartiere ci sono servizi sanitari pubblici decentrati previsti dalla Legge Sanitaria per la prevenzione e cura della salute come un ospedale di territorio, ambulatori di quartiere, centri di prelievo e analisi (sangue, urine, muco ecc), piccole terapie (medicazioni, massaggi, cauterizzazioni, ecc), interventi in day hospital o e visite mediche specialistiche?

4 – Nel tuo quartiere sono presenti sufficienti servizi commerciali di prossimità, ad esempio negozi di alimentari, mercato rionale, ma anche un ufficio postale?

5 – Ritieni che nel tuo quartiere siano adeguati i servizi pubblici decentrati (anagrafe, scuole, consultori, biblioteche, piscine, centro sportivo etc.)

6 - Nel tuo quartiere sono nate iniziative o esperienze di solidarietà durante il lockdown?

7 – Come valuti il comportamento dell'amministrazione cittadina durante il lockdown? Sono state messe in campo delle azioni sufficienti per rispondere all'emergenza Covid? Ci puoi indicare un elemento di forza e uno di debolezza dimostrato durante la crisi dalla nostra città?

8 – Sai che il debito della città di Torino supera i 3 miliardi di Euro?

giovedì 3 settembre 2020

Riunione pubblica lunedì 7 settembre, ore 21

Riunione pubblica di Assemblea21 

lunedì 7 settembre alle ore 21
presso il cortile del CSOA Gabrio
via Millio 42 Torino

per fare il punto della situazione 
e discutere l'organizzazione delle iniziative
 di settembre

giovedì 27 agosto 2020

Riunione pubblica lunedì 31 agosto, ore 21

Riunione pubblica di Assemblea21 

lunedì 31 agosto alle ore 21
presso il cortile del CSOA Gabrio
via Millio 42 Torino

per fare il punto della situazione 
e discutere l'organizzazione delle iniziative
 previste per settembre

mercoledì 19 agosto 2020

Riunione pubblica lunedì 24 agosto, ore 21

Riunione pubblica di Assemblea21 

lunedì 24 agosto alle ore 21
presso il cortile del CSOA Gabrio
via Millio 42 Torino

per fare il punto della situazione 
e discutere l'organizzazione delle iniziative
 previste per settembre

giovedì 30 luglio 2020

SANITA', PRESENTIAMO IL CONTO - Cap. 3 La sanità in Italia prima del Covid

LA SALUTE COME DIRITTO FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATO

(al fondo dell'articolo il video  "La sanità in Italia prima del Covid")



COME SI FINANZIA IL SSN
Il fabbisogno sanitario nazionale è determinato dallo Stato, in coerenza con il quadro economico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede di Unione europea, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. Il fabbisogno viene poi ripartito tra le Regioni in base ai i valori di costo rilevati nelle Regioni benchmark. Le Regioni impongono quindi a loro volta dei budget da rispettare alle singole aziende sanitarie.
Il fabbisogno sanitario nazionale standard è finanziato da: entrate proprie della regione (tickets), gettito di imposte regionali (IRAP e addizionale IRPEF)  e Stato (compartecipazione all'IVA, accise e FSN).


CORROSIONE DELL’ARTICOLO 32 
 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Il primo comma dell’articolo 32 della Costituzione, dal 1948, protegge la salute come ambito inviolabile della dignità umana e sancisce che nel nostro paese il sistema sanitario deve fondarsi sui principi di universalità, solidarietà ed equità. La Legge n 833 del 1978 istituì il Servizio Sanitario Nazionale nel solco del dettato costituzionale (assistenza pubblica, illimitata e incondizionata).

Presto questo sistema cominciò ad essere corroso.


AZIENDALIZZAZIONE DELLA SANITÀ 
Il Decreto Legislativo n 502 del 1992, trasforma le USL in Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere e, per far fronte alle difficoltà finanziarie del sistema, introduce una concezione di sistema sanitario per cui la spesa deve essere proporzionata alla effettiva realizzazione delle entrate e non può più essere commisurata esclusivamente all’entità dei bisogni. Il D.Lgs. n. 229/1999 accentuò la connotazione aziendalistica delle aziende sanitarie (autonomia imprenditoriale, attività orientata a criteri di efficacia, efficienza ed economicità). Elementi competitivi e mercantilistici entrano nella gestione della sanità.


DEFINANZIAMENTO

Negli anni, nell’ambito dell’obiettivo di efficienza e uso razionale delle risorse, il contenimento della spesa comincia a diventare elemento preponderante.
Nel periodo 2001-2018 la spesa sanitaria ha subìto una progressiva riduzione: a fronte di un tasso di crescita medio annuo del 6,4% nel quadriennio 2003-2006, il tasso di crescita del quinquennio successivo scende all’1,8%. Tale andamento si è ulteriormente consolidato nel periodo 2012-2018, dove la spesa sanitaria registra un tasso di variazione medio annuo pari allo 0,4% (Istat, “Conto economico consolidato della protezione sociale per il settore di intervento della sanità e per il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche", aprile 2019).


DOPO LA CRISI DEL 2008 LA SANITÀ È TRA I PRINCIPALI BERSAGLI DELLE POLITICHE DI AUSTERITÀ
Già negli anni 2000 furono previste sanzioni sui deficit di bilancio e forme di controllo della crescita della spesa. Poi, con la crisi del 2008, la spesa per la sicurezza sociale e in particolare quella sanitaria, furono il principale bersaglio delle politiche di austerità.


Il definanziamento della sanità pubblica è proseguito anche negli anni più recenti, diventando una costante. Nel periodo 2010-2019, il finanziamento pubblico è aumentato complessivamente di € 8,8 miliardi, crescendo in media dello 0,9% annuo in termini nominali, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari a 1,07%, quindi un incremento che nell’ultimo decennio non è stato neppure sufficiente a mantenere il potere di acquisto (“4° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, 2019”. Su dati Istat, “Il sistema dei conti della sanità per l’Italia”).


NONOSTANTE  LE DIMENSIONI CONTENUTE DELLA SPESA SANITARIA 
Tutto ciò nonostante la spesa sanitaria presentasse dimensioni contenute (in rapporto al Pil e in valore assoluto): la spesa sanitaria italiana era tra le più basse in Europa già negli anni Novanta. 


TRA IL 2010 E IL 2019 SOTTRATTI AL SSN € 37 MILIARDI
Nel periodo 2010-2019 sono stati così sottratti al SSN circa € 37 miliardi (“4° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, 2019”).
La contrazione delle risorse ha favorito solo in minima parte miglioramenti dell’efficienza e una più efficace riorganizzazione dell’offerta (Ufficio Parlamentare di Bilancio, Lo stato della sanità in Italia, dicembre 2019).


TAGLIARE LA SANITÀ È PIÙ FACILE 
Lo Stato riesce con facilità a toccare la spesa sanitaria perché la riduzione di risorse non viene percepita immediatamente dall’opinione pubblica come invece avviene per altri capitoli di spesa (es. la spesa pensionistica). Lasciando poi alle Regioni l’onere di aumentare le imposte e ridimensionare i servizi offerti. Le regioni peraltro, anche sotto la minaccia dei Piani di Rientro, tendono a risparmiare per evitare di provvedere alla copertura di eccessi di spesa con finanziamenti a carico dei bilanci regionali.


SPESA SANITARIA PRO CAPITE ITALIANA INFERIORE A  QUELLA DEI MAGGIORI PAESI EUROPEI
La spesa sanitaria pubblica corrente in rapporto al PIL rappresenta 6,5% (in linea con la media Ocse ma inferiore alla maggior parte dei paesi dell’Europa nord-occidentale e agli Stati Uniti). Il dato pro-capite è allarmante: i 2.545 dollari in media spesi dal nostro SSN per ogni cittadino sono molto lontani, ad esempio, dai 5.289 dollari della Norvegia, i 5.056 della Germania, gli 8.949 dollari degli
Stati Uniti. Se si considera poi la spesa sanitaria pubblica pro-capite, in Europa ben 14 Paesi investono più di noi (peraltro anche paesi, come Regno Unito, Germania, Francia, Svizzera che non hanno sistemi completamente a finanziamento pubblico come il nostro).




TRA IL 2009 E IL 2017 IL SSN HA PERSO 46.000 DIPENDENTI

La contrazione della spesa sanitaria ha interessato tutte le componenti di spesa, ma ha colpito soprattutto personale sanitario e farmaceutica convenzionata. L’incidenza di quest’ultima sulla spesa sanitaria totale si riduce dal 12,8% del 2000 al 6,7% del 2017. Riguardo al personale l’incidenza sulla spesa sanitaria totale dei redditi da lavoro dipendente passa dal 39,8% del 2000 al 30,7% del 2017 (a causa delle imposizioni alle Regioni in Piano di Rientro, il contenimento nelle assunzioni, il blocco delle procedure contrattuali e il limite agli incrementi retributivi al personale dipendente). La sanità pubblica nazionale ha perso, tra il 2009 e il 2017, più di 46 mila unità di personale dipendente. Oltre 8.000 medici e più di 13 mila infermieri (Ragioneria dello Stato, MEF, Conto Annuale, vari anni).
Il contestuale consistente ricorso a personale “flessibile”, ha portato ad una precarizzazione del lavoro.
È la normativa nazionale ad imporre, dal 2006, un tetto alla spesa del personale (il limite massimo di impegno per la spesa per il personale dipendente è quello del 2004, che ammontava a € 29,5 mld, decurtato dell’1,3%) e i vincoli sono stati man mano confermati con diversi atti legislativi: legge 296/2006, legge 191/2009, decreto legge 95/2012 conv. con la legge 135/2012, legge 190/2014. Dal 2019 la spesa degli enti del SSN non potrà superare il valore sostenuto nel 2018 incrementato di un importo pari al 5 per cento dell’incremento registrato dal Fondo sanitario (decreto legislativo 35/2019).      
             

SOLO 3,2 POSTI LETTO OGNI MILLE ABITANTI
La normativa nazionale, ai fini del contenimento dei costi e per l’accesso al finanziamento integrativo, impone una limitazione delle dotazioni strutturali degli ospedali attraverso la fissazione di uno standard di posti letto massimo (inclusa riabilitazione e lungodegenza) attualmente pari a 3,7 posti letto per mille abitanti (DM 70/2015) (precedentemente fu 4,5 e 4 - legge 311/04, Intesa 2005 e Patto per la Salute 2010-12).
Attualmente nel nostro Paese il numero dei posti letto pro capite negli ospedali è inferiore a questa soglia poiché ci sono 3,2 posti letto ogni 1.000 abitanti, un numero molto basso rispetto a paesi come la Germania (8/1.000), la Bulgaria (7,5/1.000), l’Austria (7,4/1.000) e ai 5 ogni 1.000 abitanti della media dell’Unione europea.

Tra il 2010 e il 2018 i posti letto fra strutture pubbliche e private convenzionate con il SSN sono scesi del 13,7 % in termini assoluti e del 15,5 % in rapporto alla popolazione. Il calo dei posti letto pro-capite è stato più marcato per le strutture pubbliche (17,1 %), ma si è manifestato anche in quelle private accreditate (9 %) (MEF, Annuario Statistico del SSN 2017).                                                                                                                                                                                                                                   


DIFFICOLTÀ DI ACCESSO ALLE CURE E AUMENTO DELLE DISUGUAGLIANZE
Tutto ciò ha comportato una riduzione dei servizi sanitari, l’ampliarsi delle liste d’attesa e aumenti della compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini (ticket - per specialistica ambulatoriale, accessi non urgenti al pronto soccorso, ricoveri ospedalieri, farmaci - ), ha pregiudicato le condizioni di accesso alle cure (colpendo soprattutto le categorie più deboli e aggravando le già importanti diseguaglianze sociali) e uno spostamento di domanda verso il mercato privato delle prestazioni e dei servizi sanitari, con oneri a loro carico (Ufficio Parlamentare di Bilancio, “Lo stato della sanità in Italia”, dicembre 2019).


AUMENTA LA SPESA PRIVATA
Il 27% della spesa sanitaria è privata (€ 41.789 milioni a fronte dei € 113.131 milioni di spesa pubblica), e la copertura pubblica è del 73%, peraltro in diminuzione. La componente privata è prevalentemente out-of-pocket, cioè un quarto della spesa sanitaria nel nostro Paese ricade direttamente sull’individuoLa spesa sanitaria diretta delle famiglie è cresciuta tra il 2012 e il 2017 del 14,9 % contro il 2,9 % di quella delle amministrazioni pubbliche (ISTAT, Sistema dei conti della sanità, giugno 2018; Rapporto Oasi 2019).


Peraltro è stato dimostrato che una parte notevole delle prestazioni private sono irrilevanti per la salute o fornisce servizi inappropriati, spesso legate anche a fenomeni di induzione da parte dell’offerta.
Nello stesso senso vanno le agevolazioni fiscali concesse alle misure di “welfare aziendale” e del welfare “di comunità”, realizzato dalle Fondazioni bancarie, fenomeni che a loro volta spingono verso privatizzazione e depotenziamento della sanità pubblica, gravando sui più deboli e creando discriminazioni a favore di chi è occupato (rispetto a chi non lo è) e a favore di specifiche categorie di lavoratori.


POCHISSIMI INVESTIMENTI E PREVENZIONE
Lo Stato agisce con una visione di breve periodo. Ha pensato soprattutto agli obiettivi di cassa per pervenire in tempi brevi ad una riduzione della spesa di parte corrente e molto poco agli investimenti in tecnologie, a far fronte all’obsolescenza di strutture e apparecchiature e per il rispetto delle norme sulla sicurezza (gli investimenti sono pari all’ 1,8% della spesa e nel periodo 2009-2017 quelli da
parte degli enti sanitari locali sono calati del 48%) (Corte dei Conti, Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali 2017).

Non c’è poi cultura della prevenzione, che invece salva vite e riduce la spesa nel lungo periodo (e sicuramente non ci pensa il privato, perché la considera attività poco remunerativa). “Si potrebbe ridurre del 50% il peso delle cronicità se si facessero politiche di prevenzione efficaci, liberando grandi quantità di risorse da utilizzare anche per le emergenze” (Prof. R. Tarricone, Economia dei sistemi sanitari, Bocconi).


LA SALUTE COME DIRITTO “FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATO” …
In base a quanto prevede l’articolo 32 della Costituzione e il sistema istituito dalla Legge 833/1978, l’obiettivo primario dovrebbe essere la prestazione adeguata in termini sanitari. Non può spettare alla decisione finanziaria definire il contenuto delle prestazioni, quindi del diritto. Le prestazioni per l’attuazione del diritto sono dovute in quanto tali (sono essenziali) e sul legislatore insiste il preciso dovere di garantirne in condizioni di efficacia ed efficienza gestionale le risorse finanziarie necessarie. Fino ad oggi invece quello alla salute si è presentato come diritto “finanziariamente condizionato”, espressione coniata dalla Corte Costituzionale (es. sent. 248/2011).



"La sanità in Italia prima del Covid"











martedì 28 luglio 2020

SANITA', PRESENTIAMO IL CONTO - Cap. 2: La finanza di progetto e il nostro diritto alla salute



                                   ovvero

perché i privati devono stare fuori dalla sanità in Piemonte e ovunque





(al fondo dell'articolo i video  La Finanza di Progetto: perchè i privati stiano fuori dalla sanità  e  Rossana Becarelli: Outsorcing e corruzione nella sanità piemontese)



OSPEDALI E FINANZA DI PROGETTO, UN ROVINOSO CONNUBIO?

Un ospedale è un bene pubblico sociale la cui natura e le cui funzioni possono ricondurlo anche alla categoria dei beni comuni (come dice Luca Benci, 2017). Si tratta infatti di un bene proprio della cittadinanza che non ha tra le sue finalità quella di generare profitti, ma soltanto di garantire la tutela dei diritti fondamentali attraverso la qualità delle politiche pubbliche.
Vista la loro importanza, quanto più evidente nella fase di emergenza che stiamo attraversando, è importante che gli ospedali vengano costruiti, siano resi efficienti ed accessibili alle persone che vivono nel territorio.


CHE COS’È INVECE IL LA FINANZA DI PROGETTO (PROJECT FINANCING)?

Si tratta di una particolare forma di Partenariato Pubblico-Privato (PPP). Con questa espressione si fa riferimento a tutte quelle forme di cooperazione tra pubblico e privato finalizzate alla costruzione, finanziamento e gestione di opere pubbliche o di pubblica utilità
.
La finanza di progetto, più in particolare, è una modalità di realizzazione delle opere pubbliche, ad esempio gli ospedali, che si affida al privato in maniera molto più significativa rispetto al semplice appalto. Nel PPP le realizzazioni comportano significativi investimenti a carico di soggetti privati i quali, almeno nella retorica dei suoi sostenitori, si accollano gran parte del rischio dell’operazione. In cambio, essi ricevono o una remunerazione differita al compimento dell’opera, quando l'ente pubblico inizierà a versare un canone per l’utilizzo dell’opera stessa, oppure, in cambio viene data la possibilità ai soggetti privati di beneficiare dei proventi derivanti dall'erogazione di servizi pubblici connessi con l'opera costruita.

Il PPP esiste nel mondo dagli anni ‘90. In Italia è stato introdotto nel ‘98 ma ha avuto più successo dopo la crisi finanziaria del 2008, a tragica conferma dell'irrazionalità di un sistema economico che dopo una crisi finanziaria mondiale promuove con ancora più convinzione degli strumenti finanziari complessi.
Perché il tema è importante oggi? In un momento di emergenza, viene tragicamente riportato al centro del dibattito il tema dell’efficienza degli ospedali, del loro equipaggiamento, nonché il tema dei costi della sanità!


SPIEGHIAMO IL FUNZIONAMENTO DEL PPP

L’Ente pubblico vuole costruire un ospedale, delinea un progetto di massima in base alle necessità di posti letto, laboratori ecc e calcola una spesa totale indicativa.
Quindi, affida l’incarico di occuparsi di tutto il resto ad un’ATI (Associazione temporanea di imprese) la quale si occuperà di cercare un promotore finanziario (di solito una ditta di costruzioni). Viene bandita una gara a cui partecipano vari raggruppamenti di imprese. Per partecipare, infatti, le varie ditte di costruzioni raccolgono dei partner (chi si occupa dell’impiantistica, chi fornisce ossigeno e altri gas medicali, chi fornisce energia elettrica, riscaldamento, pulizie, ecc). Le varie ditte chiedono ai partner: sei disposto a mettere tale percentuale? E così, man mano, si compone il budget iniziale messo dal privato.
Il pubblico anche lui ci mette una percentuale (stabilita per legge max 49%) e il privato ci mette il resto.
A questo punto, cosa prevede l’accordo secondo il modello project financing?
Il pubblico garantisce la restituzione dell’investimento iniziale a cui si aggiungono gli interessi e un canone (che di solito si aggira attorno ai 10-15% dell'investimento iniziale). In alternativa al canone, al privato viene affidata la gestione dei servizi “no-core” (quindi quelli non medicali) connessi con l’ospedale. Questi possono essere sfruttati economicamente in tutta libertà per un definito prefissato di anni che sono quelli ritenuti necessari per rientrare dell'investimento iniziale e delle varie spese di gestione e manutenzione nel corso del tempo realizzate. Il periodo di concessione è solitamente molto lungo, tra i 20 e i 30 anni.


LE CRITICITÀ DI QUESTO MODELLO SONO INNUMEREVOLI E LA LOGICA CHE ESSO ESPRIME È IPOCRITA E CRUDELE.

Innanzitutto, la costruzione di un ospedale, cioè di un bene comune utile alla collettività, diventa un’occasione di profitto. Anche se alle società private vengono affidate attività cosiddette "no-core" questa distinzione non annulla i problemi. Un ospedale, infatti, è una macchina complessa e tutte le sue parti sono indispensabili. Per fare un esempio: una chirurga bravissima che opera senza strumenti sterilizzati e a lume di candela ovviamente non riuscirà a fare granché! Facendo dunque un ragionamento di sistema, tutti i servizi che in qualche modo contribuiscono al funzionamento dell’ospedale sono anche loro "core".

A questo primo problema si aggiunge quello, strettamente connesso, della durata della concessione che come si è detto è di solito tra i 20 e i 30 anni. In pratica, si affida ad un monopolista per un periodo estremamente lungo la gestione dei servizi che stanno attorno alla vita dell’ospedale (affidamento che prima l'Asl faceva con appalti di servizi della durata di 3-5 anni al massimo). I servizi non sanitari diventano in questo modo per il privato una gallina dalle uova d’oro per fare rientrare il privato dai costi sostenuti per la costruzione dell’ospedale. Oltre quindi a innescarsi, nella fase iniziale, la corsa da parte delle varie ditte per riuscire a far parte dell’ATI, esiste un altro aspetto ben sottolineato da una relazione dell'ingeniere Ivan Cicconi:

"Il concessionario, a parte alcuni vincoli di informazione nei confronti del Concedente, nella gestione dei servizi non è sottoposto al rispetto delle norme del Codice dei contratti pubblici essendo sostanzialmente libero di affidare, subaffidare o appaltare a chi vuole e come vuole il servizio. Può ad esempio appaltare il servizio con una gara di appalto al massimo ribasso, seguendo solo le regole sancite nel Codice Civile. Siamo dunque in presenza di una sorta di privatizzazione della gestione dei servizi “no core”, nella quale il concessionario potrebbe, legittimamente, realizzare una convenienza data dalla differenza fra l'importo percepito dall'Azienda Ospedaliera e quello pagato all'appaltatore. L'affidamento dell'appalto avrebbe ovviamente una durata limitata esponendo l'appaltatore al rischio di pressioni distorte per garantirsi il rinnovo del contratto. L'interesse dell'appaltatore, o subappaltatore, o subaffidatario, ad avere rinnovato il contratto per tutta la durata della concessione lo rende certamente più malleabile di fronte a pressioni di varia natura. Ovviamente stiamo parlando di rischi potenziali e non di automatismi. Rischi che però non possono essere sottovalutati sia per l'apertura che l'architettura contrattuale sottostante alla concessione consente, sia per il contesto che la cronaca ci racconta quasi quotidianamente"
(Analisi del contratto di concessione dell'A. O. San Gerardo di Monza).

Il paradosso è quindi evidente! Il pubblico affida ad un soggetto privato per 30 anni la gestione dei servizi connessi all'ospedale e quel privato per 30 anni possiede un assai largo margine di manovra nella gestione dei subappalti e delle imprese alle quali affiderà, per un numero questa volta contenuto di anni, la gestione dei servizi. A questo si aggiunge il fatto che in un settore come quello medico, ad elevato ritmo di innovazione, succedono tante cose in 20 o 30 anni: nascono nuove tecnologie, vengono scoperte nuove procedure e nuovi macchinari. L'ente pubblico, essendosi legato tramite la scelta della finanza di progetto, non è più libero di adeguarsi alla tecnologia più adeguata ed efficiente ma dipende sempre dal privato. Di fatto, durante quel periodo di tempo non ha quasi più voce in capitolo perché privato ha l'ultima parola sull'acquisto di nuove tecnologie o di diversi materiali e così via. Questa situazione può generare gravi ritardi, lacune e inefficienze. È una totale smentita della comune credenza che il contributo dei privati nell'erogazione dei servizi generi automaticamente più efficienza!

Oltre alle suddette criticità, c'è quella enorme che riguarda l'aspetto economico. Infatti, innanzitutto i costi di costruzione spesso vengono ritoccati in corso d'opera lievitando enormemente. Inoltre, dando uno sguardo agli esempi italiani esistenti, anche i successivi costi di gestione in taluni casi si rivelano superiori rispetto alla vecchia gestione interna o rispetto al precedente sistema dell’appalto del 30, 40, 50 per cento, diventando insostenibili per l'ente pubblico. Già questo basterebbe per affermare con forza che per le Regioni dal punto di vista economico la scelta del project financing non è altro che una fregatura pazzesca! Ma c'è altro! Richiamiamo ancora una volta le riflessioni di Ivan Cicconi riguardo a questo scenario:

"Le prospettive a medio termine sono assolutamente drammatiche per l'assistenza sanitaria, perché nel momento in cui si viene a privatizzare la gestione del 50% dei servizi non sanitari, ammettendo che abbiano oggi un peso di 50, e 50 rimane in capo all'Asl nella gestione diretta, i medici, gli infermieri, le medicine e quant'altro, se le risorse calano come stanno calando, la possibilità della cosiddetta spending review è possibile ovviamente solo sulla gestione diretta. Il contratto affidato al privato dei servizi non sanitari del valore di 50 rimarrà contrattualmente di 50, su questo non posso assolutamente agire, anzi i contratti prevedono la loro indicizzazione, per cui tendenzialmente sarà di più per cui se le risorse diventano 90, 50 privatizzato rimane 50 e io posso tagliare 10 solo sulla gestione diretta, sui medici, gli infermieri e le medicine, realizzando una condizione semplicemente devastante a breve e medio termine".

Un altro aspetto da smascherare è la sbandierata suddivisione del rischio di mercato tra pubblico e privato che si realizzerebbe tramite la finanza di progetto. Per spiegare meglio, il rischio di mercato è il rischio legato all'aleatorietà della futura domanda di prestazioni e dell'impossibilità di prevedere con certezza il livello che si avrà. Nel caso di un'autostrada data in concessione ad un privato questo rischio in parte esiste perché malgrado le stime non si sa quanta gente effettivamente deciderà di transitare su quella tratta. Nel caso della finanza di progetto in ambito sanitario non esiste nessun rischio di mercato, perché l’ospedale difficilmente sarà sotto-utilizzato e in ogni caso dovrà garantire già di base una serie di funzioni. Il rischio di mercato scompare e diventa semmai rischio per la cittadinanza di non riuscire ad accedere al servizio se per esempio l'ospedale è mal ubicato e quindi anche un rischio politico per l'amministrazione conseguente al non riuscire a gestire efficacemente la salute delle persone nel territorio e venir sanzionata al successivo turno elettorale.


PERCHÉ LE AMMINISTRAZIONI UTILIZZANO IL PROJECT FINANCING?

Per l'ente pubblico questo strumento è comodo perché gli permette di non pensare a niente, si fa semplicemente l’accordo con il soggetto appaltante e poi si paga quanto pattuito. L’opera costruita viene consegnata chiavi in mano e in realtà le "chiavi" restano in condivisione perché il pubblico non deve neanche fare appalti per i vari servizi perché è già tutto pronto. Una seconda e rilevante motivazione è che il PPP può essere usato come uno strumento di esternalizzazione del debito. Quando l’ente territoriale non ha soldi subito per fare un investimento può avvalersi di questo strumento. I debiti per la costruzione vengono contratti dai privati e in questo modo
non si sforano gli equilibri di bilancio, almeno nel brevissimo termine! Perché poi risulta che il costo diventa esorbitante rispetto a quello che sarebbe stato tramite normale appalto pubblico. La finanza di progetto alimenta un modello di politica che non si preoccupa del lungo termine, del benessere della collettività in un senso ampio che includa anche le nuove generazioni. Il modello che sostiene è quello invece della politica che è comunicazione, dove l'importante è mostrare che si sta facendo qualche cosa e non se la si sta facendo bene.


PROJECT FINANCING IN PIEMONTE?

A differenza di altre Regioni come la Lombardia e il Veneto, il Piemonte non è una Regione che può “vantare” significativi esempi di utilizzo della finanza di progetto in ambito sanitario. Tuttavia, negli ultimi anni, a partire dal 2017, il project financing ha cominciato ad essere sempre più caldeggiato a livello regionale. Tra euforia e battute d’arresto, attualmente questo sistema è ancora troppo poco messo in discussione.
Nel dicembre 2017 un ordine del giorno del Consiglio Regionale del Piemonte propugna i PPP come strumento utilissimo e benefico. Citiamo direttamente un passaggio del testo:
“ritenuto che: solo con il coinvolgimento dei privati sia possibile velocizzare i tempi di realizzazione delle opere, oltre che mantenere elevati standard qualitativi…”
Vengono quindi elencate le seguenti strutture su cui si prospettava di poter intervenire con un PPP:
  • Ospedale unico VCO (Verbano-Cusio-Ossola)
  • Città della Salute Novara
  • Nuovo ospedale Asl To5
  • Struttura sanitaria della Valle Belbo
  • Ospedale di Verduno
  • Parco della Salute Torino

Qual è stato il destino di queste strutture? Vediamone alcune rapidamente.
  • Per quanto riguarda l’ospedale VCO il project financing è stato abbandonato già con la giunta Chiamparino. La giunta Cirio ha riformulato i progetti e si va verso un nuovo ospedale da 250 posti con Dea (dipartimento d'emergenza e accettazione) nella piana dell’Ossola tra Domo e Villa lasciando a Verbania il presidio ospedaliero Castelli ridimensionato nei reparti, con pronto soccorso e 100 posti letto. Il tutto prevede un finanziamento tramite l’INAIL da 150 milioni.
  • A Novara il project financing è tuttora previsto per il progetto di costruzione della “Città della Salute e della Scienza”. Si tratta di un progetto dall’iter lungo e travagliato su cui si lavora già dal 2004. Nel dicembre 2019 Cassa Depositi e Prestiti ha validato la congruità dei costi previsti dal PPP. Per finanziare quest’opera la Regione ha scelto di non domandare un finanziamento tramite l’INAIL malgrado ciò avrebbe potuto costituire un risparmio significativo per le casse dell’Ente Locale (dell’ordine dei 200 milioni di euro). La motivazione di questa scelta è stata l’urgenza nel procedere alla realizzazione del polo ospedaliero. Infatti, la via della richiesta finanziamento INAIL avrebbe probabilmente posticipato l’intero iter di diversi mesi, se non anni. Si tratta ovviamente di situazioni molto complesse che richiedono all’amministrazione locale di cimentarsi in una vera e propria “arte di cavarsela”. Tuttavia, non si può non constatare come a Novara la scelta finale sia stata, di fatto, quella di dare definitivamente avvio alla realizzazione dell’opera, mettendo così tra parentesi i dubbi riguardo alla convenienza, non solo economica, degli strumenti finanziari scelti. L’assessore regionale alla sanità Luigi Icardi conclude con queste parole la discussione in Consilio Regionale: 
    “È vero che il partenariato tendenzialmente costa più caro di altri strumenti, ma guardate che l'autofinanziamento, nelle condizioni in cui è la Regione Piemonte, non è possibile. Per dirla in parole povere: i soldi non li abbiamo. Contrarre un mutuo è certamente più conveniente […] ma non abbiamo la capacità d'indebitamento, perché tanti errori del passato, a cominciare dai derivati, hanno messo questa Regione nella condizione di non potersi indebitare ulteriormente. […] Pertanto, l'unico strumento possibile, oggi, per finanziare la costruzione dell'ospedale di Novara è il partenariato pubblico-privato.”
    La trappola in cui i nostri Enti Locali è ben visibile. Meno comprensibile, e meno accettabile, è invece la totale mancanza di visione e di spessore politico con cui i rappresentanti politici accettano di barcamenarsi alla bell’e meglio in un mandato elettivo che non ha assolutamente alcun margine di produrre vero cambiamento. Figuriamoci un miglioramento!
  • Per quanto riguarda il nuovo ospedale Asl To5, questa struttura è finalizzata alla sostituzione degli ospedali di Chieri, Moncalieri e Carmagnola, destinati alla chiusura. La Giunta Regionale ha recentemente selezionato un’area a Vadò la quale però è al centro di diverse polemiche in quanto a rischio esondazioni. Si tratta infatti di terreni attualmente a destinazione agricola per cui un altro tema è quello del consumo di suolo. I comuni direttamente interessati (Moncalieri e Trofarello) promettono di compensare la perdita di terreno agricolo modificando i rispettivi piani regolatori per rendere inedificabili altri terreni prima a destinazione edificatoria.
    Malgrado si stia ancora tentando di determinare ulteriori risparmi, ad oggi rimane che la realizzazione della Città della Salute comporterà uno stanziamento statale di 95 milioni, più 5 milioni stanziati dalla Regione e altri 220 milioni dai privati, per un totale di 320 milioni di euro.
  • Il cantiere per la realizzazione del presidio ospedaliero Valle Belbo (in realtà non si tratta un ospedale classico, ma un Polo sanitario locale che garantirà solo alcuni servizi essenziali) riparte in questi mesi dopo l’interruzione nel 2011 a causa della mancanza di finanziamenti. Nell’agosto 2017 sono poi stati stanziati dalla Regione 18,5 milioni per completare la costruzione. Inoltre, l’ASL AT è stata autorizzata ad accendere un mutuo decennale per l’importo di 10 milioni di euro. Anche in questo caso, fortunatamente, la finanza di progetto non è stata utilizzata. Permangono nonostante questo i problemi legati al finanziamento, ai ritardi, alla semplificazione del progetto (nel 2015 il piano di presidio ospedaliero è stato mutato in presidio sanitario territoriale) e al rimborso dei mutui
  • In generale, l’attuale assessore regionale alla sanità Luigi Genesio Icardi (Lega) tiene una posizione molto incoerente sul ricorso al PPP e alla finanza di progetto. Da un lato il suo giudizio è critico a causa dell’impatto economico di tali strumenti, nonostante ciò, egli ha salutato con calore la possibilità di procedere con il project financing a Novara e rimane altresì un fervente promotore del Parco della Salute di Torino. Anche quest’ultimo polo ospedaliero verrà infatti realizzato con la finanza di progetto (per un approfondimento critico sul futuro Parco della Salute si rimanda all’inchiesta realizzata da Potere al Popolo Torino).


Un aspetto che non è finanza di progetto ma che riguarda molto da vicino l’evoluzione della sanità in Piemonte, nonché la logica manageriale e di “efficientamento” economico di cui anche il project financing fa parte, è l’esternalizzazione del personale e dei servizi in ambito sanitario. L’esternalizzazione (outsourcing) è finalizzata essenzialmente alla riduzione dei costi della sanità e si lega quindi ai tagli lineari che nel tempo sono stati operati, all’attuazione dei piani di rientro da parte di alcune Regioni e al blocco delle assunzioni. La necessità di contrarre i costi si abbina all’obbligo di rispettare i Lea (Livelli essenziali di assistenza) e questo comporta, ad esempio, la proliferazione di contratti a tempo determinato e di contratti atipici. Questi ultimi molto carenti dal punto di vista della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, dal punto di vista sia retributivo sia assicurativo, non garantendo ferie, malattia e maternità (1). Accade dunque che in una stessa struttura ospedaliera lavorino medici con diverse tipologie contrattuali: contratto a tempo determinato di natura subordinata; rapporto di collaborazione coordinata e continuativa; contratto libero professionale. E lo stesso discorso vale per gli infermieri. Una criticità fondamentale di questa evoluzione è che quando il personale medico viene assunto in outsourcing il rapporto tra i medici e l’azienda sanitaria smette di essere un rapporto professionale, per diventare invece un rapporto solo tariffario per cui i lavoratori e le lavoratrici vengono pagate a ore, spesso con cifre risibili rispetto alle responsabilità assunte. Questo provoca una degradazione forte della qualità del servizio, nonché dei minori versamenti nelle casse pensionistiche, con effetti negativi sull’intera popolazione.
Per quanto riguarda invece l’esternalizzazione dei servizi, queste riguardano, come per il project financing, la gestione delle funzioni considerate no-core. Tra quelle non cliniche abbiamo soprattutto: la sicurezza, la lavanderia, la gestione dei servizi di ristorazione, i servizi di pulizia, di parcheggio, i Centri Unificati di Prenotazione (CUP) e i call-center. Tra quelle cliniche, vengono in gran parte esternalizzati i test di laboratorio e l’assistenza infermieristica.
La progressiva privatizzazione di parti delle prestazioni sanitarie è un’evoluzione molto abilmente mascherata e spesso poco visibile, sia per gli utenti, ma anche per quella fetta di personale non direttamente interessata dal fenomeno, nonché talvolta per gli stessi primari degli ospedali che non si occupano direttamente della gestione e l’assunzione del personale.

I problemi di questo sistema che razionalizza i costi della sanità e si avvale di strumenti come il project financing li abbiamo descritti, ma qualcuno potrebbe dire che magari solo tali solo nella teoria, e che nella pratica le cose possono andare molto meglio…
Sicuramente non è quello che ha pensato la Corte dei Conti per quanto riguarda un altro, importante, progetto di PPP realizzato questa volta in Veneto: l’Ospedale all’Angelo di Mestre.
Secondo un articolo pubblicato sul Sole24Ore nel 2016, l’accordo di gestione su questo ospedale, completato nel 2008, è costato 230 milioni di euro, di cui 124 pubblici e 106 privati (in particolare Astaldi, che ha guidato l’ATI). L’accordo siglato, in linea con i tempi, molto lunghi, del PPP, durerà 23 anni. Il canone annuo a favore dei privati di 72 milioni di euro. Facendo dei rapidi conti, l’Angelo costerà alla Pubblica amministrazione la modifica cifra di 1.780 milioni di euro.
Per i privati il piatto è ricco: una quantità enorme di servizi in gestione (inclusi, tra l’altro, il laboratorio analisi, cosa che di solito non avviene, e il parcheggio dell’ospedale) sostanzialmente in monopolio, tariffe dettate da loro e legate
all'inflazione per 23 anni, “quando il mercato consentirebbe oggi di spuntare prezzi molto più bassi”.
Cambia la giunta. I nuovi si rendono ben presto conto della situazione. Le tariffe dei servizi riconosciute ai concessionari sono molto superiori a quelle che si potevano ottenere allora lanciando gare sul mercato. In particolare l’affidamento del laboratorio di analisi ai privati sembra essere stato un pessimo affare. Finiscono per aprire un contenzioso con il concessionario per rinegoziare la convenzione. È il 2014.
Peccato che ci sia in effetti un contratto firmato, ottenuto dopo una gara e firmato dagli allora amministratori, a cui i privati si appellano.
E così, da un lato c’è la Corte del Conti che spinge affinché l'Ulss riveda il contratto con il rischio concreto, in caso contrario, di essere chiamata a rispondere di danno erariale per l’enorme perdita che si va costruendo, di anno in anno, sulle casse pubbliche; dall'altra il concessionario che non ci sta a rivedere un contratto liberamente sottoscritto tra le parti e ovviamente mette sul piatto la possibile richiesta di un maxi risarcimento danni.
Il contenzioso tra le parti è ancora in corso.
In una recente deliberazione (n. 196/2018/PRSS) sempre la Corte dei Conti dichiarava: “È di tutta evidenza come per l’Angelo di Mestre (ex azienda sanitaria n. 12 Veneziana), la gestione dei P.F. rappresenti un onere ragguardevole per gli equilibri di bilancio le cui dinamiche andranno attentamente monitorate nel tempo”.
Insomma, una fregatura ben costruita in salsa PPP, uno strumento formidabile nelle mani del profitto privato: dal momento dell’accordo tra pubblico e privato la società di gestione è svincolata da qualsiasi controllo, recluta chi vuole e spende quanto vuole.
D’altronde, la stessa Ulss, muovendo da un’analisi dalla stessa svolta nel 2014 sul rendimento della convenzione, definiva il tasso di rendimento a favore della concessionaria (una percentuale compresa tra il 20,19 % ed il 21,11%) “a livello ampiamente superiore al tasso di usura”.
Ciliegina sulla torta: l’Ospedale dell’Angelo è caratterizzato da una grande hall vetrata che è una sorta di grande giardino botanico. Bello, no? No. Infatti, soprattutto nei mesi caldi, l’effetto è quello di una serra. Ancora nel giugno del 2019 i sindacati facevano notare che questo difetto, in un ospedale, non è proprio il massimo.
Come si legge nell'articolo pubblicato sul Sole24Ore, certo, l'ospedale dell'Angelo di Mestre un caso pilota in realtà lo rimane, ma di come non dovrebbe comportarsi una pubblica amministrazione nel costruire operazioni di concessione di costruzione e gestione.
Bonus! nel 2019, l’ospedale passa ai francesi: Astaldi ha venduto quasi interamente la sua quota nella società Veneta Sanitaria Finanza di Progetto (il nome dell’ATI che gestisce l’Angelo) a Core Infrastructure II, fondo controllato dalla società Mirova, del gruppo francese Ostrum Asset Management. Vale la pena ricordare che Veneta Sanitaria gestisce tutti i servizi extra-sanitari: pulizie, ristorazione, manutenzione, attività di refertazione, area commerciale, lavanderia e incassa circa 60 milioni di euro l’anno. Tutto questo, un ospedale pubblico italiano, finisce per far gola agli investitori esteri…

(1) Dichiarazione di Eleonora Albanese, componente dell’esecutivo nazionale di Anaao Assomed.




                               La Finanza di Progetto: perchè i privati stiano fuori dalla sanità  





Rossana Becarelli: Outsorcing e corruzione nella sanità piemontese