L’ordinamento(1) prevede che, a fronte di disavanzi dei Servizi Sanitari Regionali, lo Stato concorre al loro ripiano, mettendo a disposizione un finanziamento integrativo. Ma per le regioni che presentano disavanzi che superano una determinata soglia (allora era il 7%, dal 2010 è diventata il 5%) del finanziamento complessivo, l’accesso a questo maggior finanziamento è subordinato alla elaborazione ed attuazione di un Piano di Rientro. Il Piano deve essere oggetto di un accordo tra la Regioni, il Ministero della salute e il Mef e ha una durata non superiore al triennio (prorogabile per un altro triennio). Si tratta di un vero e proprio programma di ristrutturazione industriale, finalizzato a ristabilire l’equilibrio economico-finanziario della Regione interessata (“Piano di riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale e di riequilibrio economico”).
Qualora emergano gravi ritardi nell’attuazione del Piano di rientro, il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa diffida, provvede alla nomina di un commissario ad acta per l’attuazione del piano.
PIANO DI RIENTRO DELLA REGIONE PIEMONTE: 2010-2016(2)
2010 - La Regione Piemonte sottoscrive l’Accordo con Ministero della Salute e MEF il 29 luglio 2010, che ha ad oggetto il Piano di Rientro (DGR 1-415 del 2 agosto 2010). L’Addendum (DGR n. 49-1985 del 29 aprile 2011) definisce in maggiore dettaglio gli interventi per gli anni 2011-12 di riduzione della spesa da realizzare.
2013 - Proroga del Piano: il Tavolo di verifica degli adempimenti e il Comitato LEA valutano negativamente lo stato di attuazione del Piano e invitano la Regione alla prosecuzione. A tal fine viene predisposto il Programma operativo per il triennio 2013-15 (DGR n. 25-6992 del 30 dicembre 2013), approvato dal Ministero.
2017 - Piemonte esce dal Piano di Rientro: il 21 marzo 2017 viene formalizzato l’accordo con Mef e Ministero della salute che sancisce la fine del piano.
MA LA SANITÀ PIEMONTESE IN QUEGLI ANNI NON ERA IN DISEQUILIBRIO
A guardare bene però la Regione Piemonte, in quegli anni (dal 2005 al 2009) non presentava un disequilibrio nel bilancio sanitario, perché aveva integralmente coperto il disavanzo mediante stanziamenti a carico del bilancio regionale (Tabella).
Il Piano viene elaborato invece perché la Regione Piemonte aveva coperto con propri stanziamenti solo una parte del disavanzo degli anni 2002/2004. Alla Regione viene quindi imposto di predisporre il PdR al fine di ottenere l’attribuzione del maggior finanziamento statale previsto per il 2004 e per gli anni pregressi 2002 e 2003 (a norma dell’art 1 comma 279 L 266/2005).
In quegli anni la Regione Piemonte era in deficit (per € 7 miliardi, oggi il debito della regione è di € 9,3 miliardi, al netto dei conti della sanità), ma non lo era la sanità piemontese.
La regione Piemonte quindi elaborò, insieme alla Stato, un Piano di Rientro che ha devastato la sanità piemontese, per incassare vecchi finanziamenti integrativi statali e coprire buchi che la Regione aveva creato relativamente ad altri ambiti, che non avevano a che fare con la sanità.
IN QUEGLI ANNI € 4,3 MILIARDI SONO STATI SOTTRATTI ALLA SANITÀ PER SPESE EXTRA-SANITARIE
La rivista dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino, Torino Medica, n. 1-2017 (articolo “La Sanità piemontese da dieci anni è in credito. L’amara storia del piano di rientro”, di Giorgio Cavallero e Rosella Zerbi) ha svelato che in realtà una parte dei finanziamenti provenienti da Roma per la Sanità sono stati utilizzati come cassa per spese extra-sanitarie, come ammesso dall’assessore al bilancio. Si tratterebbe di 4,3 miliardi di euro facenti parte della dotazione del Servizio Sanitario Nazionale destinati al Servizio Sanitario Regionale che sono stati utilizzati altrove.
La Regione giustificò ufficialmente il deficit della Regione come causato dalla Sanità, evitando così di giustificare il buco e le sue vere cause.
HA PREVISTO UNA DRASTICA RIDUZIONE DELLA SPESA SANITARIA PIEMONTESE
Il PdR definì una serie di azioni di revisione delle consistenze organiche finalizzata ad una drastica riduzione della spesa complessiva per il personale per gli anni del piano (3.424 unità) , soppressioni e riconversioni di strutture considerate minori, riduzione dei posti letto (eliminati 1.495 posti letto).
Con pesanti effetti in termini di allungamento delle liste di attesa, riduzione di prestazioni e servizi sanitari, aumento dei ticket.
DISATTIVAZIONE DI STRUTTURE OSPEDALIERE, PUNTI NASCITA E REPARTI
Il PdR, partendo dall’assunto che le strutture di piccole dimensioni presentano una maggiore inefficienza gestionale, ha previsto la disattivazione (e in qualche caso la riconversione) di diverse strutture ospedaliere, punti nascita e reparti.
In pratica la riduzione di posti letto, attuata dalla D.G.R. n. 6-5519 del 14/03/2013, viene concentrata principalmente nelle strutture minori.
Tali strutture sono quelle individuate dal PSSR 2012-2015, indicate nel Box sottostante
L’eliminazione di questi presidi, in sede di Piano di Rientro, da quanto risulta dagli atti, non sembra essere avvenuta in base e successivamente ad una “istruttoria” sulla effettiva inefficienza delle strutture ospedaliere di cui viene prevista la riconversione o la soppressione; il Piano non contiene un’analisi relativa alle specificità dei territori coinvolti, al grado di utilizzo delle strutture, alla facilità di accesso a presidi vicini, ai costi e all’incidenza specifica dei risparmi rispetto alle potenziali soluzioni alternative. Non svolge cioè un’analisi preliminare che dimostri la ragionevolezza, necessità e proporzionalità della scelta di eliminare quelle determinate strutture.
Per ora solo alcune delle previsioni di disattivazione sono state realizzate.
VIENE AUMENTATA ADDIZIONALE IRPEF
In conseguenza del PdR, la Regione ha aumentato la addizionale Irpef, il cui gettito finanzia la sanità. Il Piemonte è tra le regioni con le aliquote più elevate.
CHI SONO I RESPONSABILI IN PIEMONTE
A devastare la sanità piemontese, dal 2000 ad oggi, sono stati governi di centro destra e di centro di cd «sinistra», forze politiche che tuttora non hanno ammesso le proprie enormi responsabilità e che oggi si nascondono dietro l’emergenza covid per giustificare le difficoltà della sanità
STRUMENTO PER CONSENTIRE IL RISPETTO DI VINCOLI FINANZIARI EUROPEI
Quando il Piano di Rientro coinvolse il Piemonte l’ordinamento era basato sul «Patto di stabilità interno», che fu adottato con la Legge 448/1998 e che prevedeva il concorso degli enti territoriali “alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il paese ha adottato con l’adesione al Patto di stabilità e crescita” europeo, varato nel 1997.
Negli anni 2000, quando si è formata la normativa nazionale sui PdR, l’economia italiana era in difficoltà e i vincoli sui conti pubblici indotti dalle regole europee condizionavano fortemente le politiche pubbliche. I Piani di Rientro sono un istituto creato per mettere mano ai disavanzi sanitari regionali e piegare i bilanci regionali alle esigenze legate al rispetto dei vincoli finanziari europei.
Attraverso i PdR, che hanno la forma di accordi tra Ministeri e Regione, lo Stato riesce a controllare in modo agevole e rapido la spesa delle Regioni e la gestione della sanità, che è fuori dalla sua competenza, visto che spetta alle Regioni. Attraverso la dimensione pattizia dei PdR si aggira il riparto di competenze tra i vari livelli di governo, e lo Stato riesce a condizionare la gestione della sanità, cosa che non potrebbe fare al di fuori di questo strumento.
OGGI UN TERZO DELLE REGIONI È SOTTOPOSTO A PIANI DI RIENTRO
La normativa sui Piani di Rientro è tuttora vigente.
Attualmente un terzo delle regioni italiane è ancora sottoposto a PdR iniziati tra il 2007 e il 2010. Sono: Abbruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia.
Tra queste Calabria, Campania, Lazio e Molise sono commissariate.
I Pdr da anni hanno bloccato gli investimenti in queste regioni. Se il Covid colpisse fortemente le regioni del sud, l’esito sarebbe disastroso, poiché non sarebbero in grado di rispondere adeguatamente.
Le notevoli restrizioni (finanziarie, di personale, tecnologiche e strutturali) nelle regioni sottoposte a Piano di rientro, “stanno producendo effetti preoccupanti sulla capacità di erogare i servizi e sul funzionamento stesso del SSN, contribuendo ad alimentare le importanti disomogeneità presenti tra le varie regioni e di conseguenza l’equità del sistema” (Indagine Conoscitiva del Senato della Repubblica sulla sostenibilità del SSN con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità , solidarietà ed equità, gennaio 2018).
(1) Legge 311/2004 (art 1, comma 164, 173, 180) __ Legge 296/2006 (art 1, comma 796)
(2) Riferimenti normativi per il PdR piemontese: Intesa Stato-Regioni 23 marzo 2005 (art 8) __ Intesa Stato-Regioni 3 dicembre 2009 (art 14) __ Patto per la Salute 2007/2009 (§3) __ Accordo tra Regione Piemonte - Ministero della Salute - MEF 29 luglio 2010 __ DGR n. 1-415 del 2 agosto 2010 __ DGR n. 49-1985 del 29 aprile 2011 __ DGR n. 25-6992 del 30 dicembre 2013
intervista al dott. Giorgio Cavallero:
Sanità piemontese e falso deficit del Piano di Rientro
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